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Testo - Antonio Ferrazzani

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Il compositore aveva amato suoni particolari; e li aveva impiegati<br />

nelle sue sinfonie con coraggio e singolare maestria. Con un<br />

infinito desiderio di perfezione. Spazzole, celesta, campane gravi,<br />

campanacci, xilofoni. Strumenti, questi ultimi, capaci di una gelida<br />

sorprendente “derisione”, qualcuno aveva detto.<br />

Quasi gli parve di potersi adagiare fra le piume dei ricordi musicali.<br />

Di poter poggiare il capo a riposare su qualche citazione di<br />

esperti a lui particolarmente cara.<br />

Fu solo un breve istante; come se una imprevedibile mano,<br />

dalla penombra, avesse lacerato l'ultimo schermo. Fu sorpreso da<br />

un accostamento. Che vi fosse una particolare ragione per cui i<br />

piccoli obici e i cannoncini da campagna - da caricarsi eventualmente<br />

con rottame di ferro - non avevano mai davvero turbato la<br />

sua pace? Come non averci pensato?! Quei colpi della sua fantasia<br />

erano vicini agli “hammerschlag” mahleriani della Sesta, e ad una<br />

lunga, infinita discussione con Saskia rinnovatasi nel tempo: quanti<br />

erano gli “hammerschlag” - i colpi di martello - che Mahler aveva<br />

previsto per il “finale” della sua amata Sesta?<br />

Era poi lecito fare come Bernstein, e ristabilire il terzo quale<br />

definitivo sigillo alla soluzione fatale della “Sinfonia Tragica”?<br />

L'intelligenza di Saskia era lucida, tagliente. E, anche se il suo<br />

animo non era particolarmente attratto dalla musica, le sue risposte<br />

erano razionali e spesso esatte.<br />

Aveva capito anche questa volta il perché delle sue scelte? Le<br />

sue autentiche motivazioni? Lui le aveva detto poco. Non sapeva<br />

perché, ma in quell’occasione era stato restio a dirle, a raccontarsi,<br />

fino in fondo. Forse perché era certo che alla fine lei avrebbe<br />

compreso tutto, ed anche accettato.<br />

A volte la freddezza della compagna gli dava crampi di invidia.<br />

Perfino allorché sapeva di aver ragione. Perchè Saskia ragionava<br />

quasi sempre senza soffrire, mentre a lui capitava solitamente il<br />

contrario. Per non parlare delle volte in cui soffriva senza riuscire<br />

a ragionare.<br />

Si rise un tantino addosso, ormai disposto ad accettare quanto<br />

il fato avesse previsto per lui quella notte; quanto sonno dovesse<br />

perdere per i rumori di una insonne civiltà.<br />

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