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Testo - Antonio Ferrazzani

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una fascia solitaria quanto silenziosa del paleozoico, flagellati di infima<br />

grandezza si innalzavano verso i raggi dell'astro diurno e la<br />

superficie dell'acqua. Si offrivano quale bene accetta prima colazione,<br />

sacrificio dell'alba fra le turbinanti falangi di Volvox che<br />

vorticavano spinte dalla calma furia inintermittente delle loro ciglia<br />

battenti. In sciami che non si davano mai pace.<br />

Mentre la Spirogyra dirigeva da un invisibile spartito la musica<br />

silente con i suoi verdi filamenti – era così che aveva letto da qualche<br />

parte, l’ometto confessò. Scandiva le fascinose movenze di<br />

quelle creature di arcana dinamica ma anche così lontane, sottratte<br />

alla coscienza del destino.<br />

La nostra felicità, ma anche la nostra infelicità, oggi pulsa intrecciata<br />

al perfetto scandire dei quarzi, batte inseguendo il loro<br />

ritmo nel tempo delle nostre lacerazioni, all'ombra della coscienza<br />

del nostro a volte incerto respiro. Fra le code, fra le fruste, mentre<br />

siamo stirati dal ferro di apodittiche cavalcature che vorrebbero<br />

dilaniarci. Noi che attendiamo giustizia sbagliando luoghi e date in<br />

cui cercarla, dibattendoci assurdamente fra gli spasimi dei nostri<br />

desideri.<br />

Guai se ad un certo punto non avessimo pietà di noi stessi fra i<br />

silenzi del nostro tempo.<br />

Una pietà almeno saltuaria.<br />

Una volta aveva creduto che con un po' di attenzione, e magari<br />

con tanta fatica, si potesse essere felici. Si potesse giungere a quella<br />

condizione di cui tanto spesso gli altri parlavano in termini così<br />

commoventi e mai esaustivi. Anzi, lo aveva sperato credendo che<br />

la felicità esistesse davvero, e che quindi potesse costituire un traguardo.<br />

Era stato uno dei suoi errori. Un frainteso? Diciamo così.<br />

Vi era stata una sorta di “fisicità” nella cosa che, a pensarci bene,<br />

era fra il commovente e lo sciocco. La felicità come traguardo.<br />

Filo di lana fra due paletti, fascia quadrettata al di sopra del punto<br />

in cui termina il percorso di una certa gara. Punto preciso in cui si<br />

potesse configgere un chiodo.<br />

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