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Testo - Antonio Ferrazzani

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Così come la nostra tendenza a prevedere e a provvedere può tramutarsi in<br />

una condanna della nostra intelligenza.<br />

Nel rifiuto dell’inimmaginabile.<br />

Per caso ho ripensato all'ordine della giarrettiera e alle famose<br />

parole che forse (sic!) Edoardo III d'Inghilterra pronunciò restituendo<br />

il breve indumento alla contessa di Salisbury. Mi sono ricordato<br />

di come una volta tu ti sia prodotta in una lezione di storia<br />

e tattica militare “leccandomi il naso”. Mi spiegasti come e<br />

quando l'augusto sovrano avesse vinto a Crecy una sanguinosissima<br />

battaglia contro i Francesi per l'impiego dell'arco lungo e della<br />

bombarda.<br />

Ancora roso da quella lezione, su due piedi mi sono soffermato<br />

a leggiucchiare la “Ritirata dopo una battaglia perduta” del nostro<br />

ottimo Von C. . Bisogna che mi prenda un vantaggio; altrimenti,<br />

come al solito, mi straccerai con la tua scienza.<br />

Ora te ne dico qualcosa.<br />

Per Von Clausewitz: è assolutamente importante che essa - la<br />

ritirata frutto di una nostra momentanea sconfitta - avvenga nello<br />

spirito della lotta, del combattimento. Deve creare la maggiore resistenza<br />

possibile per il nemico che pure avanza vittoriosamente, e<br />

infliggergli il più ampio danno che gli si possa provocare. Per il<br />

nostro vantaggio.<br />

E deve essere corta per non infrangere lo spirito dell'esercito<br />

che al momento subisce il frangente negativo.<br />

Essa non deve trasformarsi in rotta, né materiale né morale, se<br />

è solo possibile. Perché s'intende che contro tali forme di combattimento<br />

cercherà di accanirsi il nemico, che incalza vittorioso e<br />

desideroso di passare di vittoria in vittoria per giorni e giorni, per<br />

miglia e miglia successive.<br />

Ho pensato alle mie sconfitte, anzi alle nostre. E ho tremato.<br />

Speriamo che presto qualcosa interrompa il trend negativo.<br />

La scienza della guerra è impressionante, e lo diventa sempre<br />

più allorché si ricordano le premesse dell'Autore, la sua limpida<br />

definizione: essa (la guerra) è un atto di forza con cui sottomettiamo<br />

il nemico alla nostra volontà.<br />

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