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Testo - Antonio Ferrazzani

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anni, dagli occhi neri e mobilissimi, aveva appena poggiato sul tavolino.<br />

Poi, passandosi la lingua sulle sottili labbra violacee, accarezzò<br />

con lo sguardo il porto invaso dal sole e quanto esso conteneva:<br />

uomini, imbarcazioni, case, stradine. Insieme a numerosi fili<br />

che, sottesi da finestra a finestra, reggevano bucati indistinguibili<br />

quanto multicolori a crogiolarsi nell'aria torrida.<br />

Mentre aveva lui stesso lo sguardo rivolto al paesaggio, ebbe<br />

l'impressione che l'altro schioccasse la lingua. Uno schiocco sommesso<br />

su cui non avrebbe giurato - intorno il traffico di veicoli e<br />

di persone forniva un sottofondo da alveare tecnologico -, così<br />

come non avrebbe saputo dire se quel rumore dovesse essere considerato<br />

un segno di apprezzamento per la bottiglietta di Stella al<br />

fianco del bicchiere, o per ciò che era sotto i loro occhi.<br />

Trascorsi alcuni minuti e poche frasi comuni, già sospettò che<br />

le invisibili porte della sua solitudine fossero state forzate, e che<br />

non si sarebbero richiuse facilmente. D'un tratto si rese conto di<br />

quanta voglia avesse di comunicare con un altro essere umano che<br />

non fosse Mulid, o la donna delle pulizie, o il piccolo targhi, che<br />

pure portava un senso di fresca allegria nella sua vita di vecchio<br />

tecnologizzato solitario.<br />

S’era accesa una luce davanti ai suoi occhi.<br />

Questo lo rese ancor più sospettoso. Ma, col trascorrere del<br />

tempo, l'atteggiamento dell'uomo e quanto diceva gli fecero dimenticare<br />

ogni diffidenza. Forse perché le parole dell'altro correvano<br />

morbidamente a sistemarsi nella sua immaginazione in una<br />

geometria per cui il suo animo sembrava già predisposto. Palle<br />

eburnee che volassero magistralmente su di un bigliardo dal panno<br />

appena rinnovato.<br />

Quella prima volta Almèk accennò a temi disparati, a volte<br />

sfiorò i massimi sistemi.<br />

- Ho sempre pensato che la geografia abbia questo vantaggio<br />

sulla storia: la capacità di evocare l'invisibile. Il tempo trascorso, e<br />

tutte le cose che sappiamo essere accadute in esso, prendono subito<br />

posto in un luogo che riconosciamo. In pochi attimi un'eco<br />

lontanissima diventa un affresco. La scena di un dramma non ancora<br />

del tutto compiuto, che non si è interamente dipanato.<br />

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