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Francesco Samassa<br />

RUMoRI DALL’oFFICINA.<br />

DESCRIZIoNI ARCHIVISTICHE, DI CARTA E DI «PIXEL»<br />

Quando la parola non basta<br />

Sarà capitato a tutti <strong>di</strong> essere interpellati <strong>per</strong> strada e <strong>di</strong> dover spiegare a<br />

qualcuno, estraneo del luogo, il <strong>per</strong>corso <strong>per</strong> raggiungere una certa meta. Nel<br />

caso questo luogo sia relativamente vicino o, a prescindere dalla <strong>di</strong>stanza, il<br />

<strong>per</strong>corso relativamente semplice, non ci servirà che produrre un testo verbale<br />

costruito da concetti tipo «vada sempre dritto», «al primo semaforo prenda a<br />

destra», «quin<strong>di</strong> la seconda laterale sinistra», «avanti fino all’e<strong>di</strong>cola», «si tenga<br />

sulla sinistra», e via <strong>di</strong>cendo. Basta la parola. I problemi cominciano quando<br />

la meta è più lontana e più complicata da raggiungere, quando <strong>di</strong>venta<br />

più <strong>di</strong>fficile ‘rappresentare verbalmente’ il <strong>per</strong>corso. In questi casi, <strong>per</strong> lo più<br />

risolviamo il <strong>di</strong>sagio in cui ci veniamo a trovare con una strategia <strong>di</strong>versiva,<br />

limitandoci a produrre una spiegazione <strong>di</strong> massima, <strong>di</strong> primo ‘instradamento<br />

generale’, <strong>per</strong> poi far seguire un laconico «quando arriva là chieda <strong>di</strong> nuovo»;<br />

è come se ci mancassero parole sufficientemente efficaci, e la spiegazione deve<br />

quin<strong>di</strong> <strong>per</strong> forza almeno <strong>di</strong>lazionarsi in due tempi (questa soluzione è <strong>di</strong> routine<br />

<strong>per</strong> esempio nella labirintica Venezia, dove l’assistenza a<strong>gli</strong> spaesati turisti<br />

è pur doverosa).<br />

Se abbiamo una buona <strong>di</strong>sposizione d’animo e un po’ <strong>di</strong> tempo da de<strong>di</strong>care<br />

al nostro interlocutore (oppure – più opportunisticamente – se <strong>per</strong><br />

esempio è un collega o un collaboratore che deve consegnare o ritirare <strong>per</strong> noi<br />

qualcosa, che abbiamo bisogno quin<strong>di</strong> che arrivi a destinazione, e magari in<br />

fretta anche), allora istintivamente passiamo ad una seconda strategia: pren<strong>di</strong>amo<br />

carta e penna e facciamo uno schema esplicativo in pianta. In questo<br />

gesto <strong>di</strong> passare al ‘<strong>di</strong>-segno’ <strong>di</strong> uno schema, gesto impulsivo <strong>di</strong> un attimo, si<br />

compie in realtà un passaggio clamoroso, senza sfumature, da una lingua a<br />

un’altra: passiamo dal linguaggio della comunicazione verbale al linguaggio<br />

della comunicazione visiva; la ‘rappresentazione verbale’ non basta più e ci<br />

appelliamo alla ‘rappresentazione visiva’. Lo facciamo tutti, spontaneamente,<br />

inforcando la prima penna o matita che ci viene a tiro, incuranti del fatto se<br />

sappiamo <strong>di</strong>segnare o no, se la pianta che andremo a tracciare schematica-<br />

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