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Rumori dall’officina
sequenziale della narrazione): «a uno spazio che – nei testi di tipo classico –
si presenta come orientato in modo rettilineo e scandito in tappe successive
e concatenate, sembra sostituirsi [nell’ipertesto] una spazialità adirezionale
e multiplanare» 26 . Ancora in queste parole (adirezionalità e multiplanarità)
troviamo una risonanza precisa del modo di consistere delle descrizione archivistiche
nelle loro architetture che in fondo, ora cominciamo a capirlo,
hanno finora trovato nel formato cartaceo tradizionale una riduzione lineare
e sequenziale un po’ frustrante della loro specifica natura; nell’ipertestualità,
invece, questa natura specifica può aspirare a una restituzione pienamente
efficiente trovando il suo approdo più logico.
Pare così estremamente significativo, tornando a noi, che la progettazione
del formato cartaceo degli inventari per la Soprintendenza ai beni librari archivistici
e archeologici della Provincia autonoma di Trento, qui proposta e
descritta, abbia finito per ispirarsi largamente al funzionamento ipertestuale:
in fondo a rincorrere la naturale predisposizione di una descrizione archivistica
a darsi quale ipertesto («[...] corpus di informazioni testuali [rispetto al
quale] è possibile un’interazione di tipo esplorativo e navigazionale» 27 : un’altra
definizione che, approntata per l’ipertesto, calza a pennello anche per
un inventario archivistico). Anche la questione della mappa visiva rientra
pienamente in questo quadro: Gasparini, sempre a proposito della similitudine
con l’andar per mare, precisa a un certo punto che «la retorica della
navigazione [può essere] fatta corrispondere alla domanda ‘dove mi trovo?’»
e suggerisce, di seguito, che «la soluzione ideale al problema del disorientamento
[del lettore ipertestuale] sarebbe quella di prevedere, in qualsiasi punto
dell’ipertesto, una mappa che individui la posizione del lettore e fornisca una
visione globale dei percorsi». Insomma, pare proprio che l’interpretazione
funzionalista dell’inventario cartaceo data in precedenza, quale macchina per
descrivere un archivio, tutt’altro che azzardata, non sia in fondo altro che una
declinazione particolare della definizione dell’ipertesto riportata da Bettetini
quale «macchina per l’interpretazione dei testi che ne fanno parte» 28 .
Ci fermiamo, qui, a queste poche considerazioni (ma a questi ben significativi
riscontri testuali). Senza addentrarci in una tematica che ha ormai una sua
letteratura (e che richiederebbe ben altri spazi), crediamo di aver mostrato a
sufficienza l’opportunità di pensare al formato elettronico di un inventario archivistico
nella forma di un ipertesto destinato alla fruizione interattiva. oggi
è possibile produrre, con risorse e metodologie molto simili a quelle con le
quali si impagina un inventario cartaceo (ma senza i costi della sua produzione
materiale), un inventario ipertestuale in formato pdf esplorabile interattiva-
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