"l'impegno" in formato pdf - Istituto per la storia della Resistenza e ...
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Dal c<strong>in</strong>ema resistenziale al c<strong>in</strong>ema resistente<br />
Al<strong>la</strong> dimensione corale si rivolgono anche<br />
Nanni Loy ne “Le quattro giornate di<br />
Napoli”, e Filippo Walter Ratti <strong>in</strong> “Dieci<br />
italiani <strong>per</strong> un tedesco”. Entrambi i film sono<br />
del 1962 ed entrambi ricostruiscono<br />
fatti veramente accaduti. È s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>re che,<br />
man mano che ci si allontana cronologicamente<br />
dal<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>, il c<strong>in</strong>ema senta il<br />
bisogno di mettere <strong>in</strong> scena episodi reali,<br />
quasi a voler ricordare che <strong>la</strong> lotta di liberazione<br />
non è stata un mito, è successa davvero,<br />
e ha richiesto un immenso tributo di sangue,<br />
di <strong>la</strong>crime e di morti.<br />
In un film epico e ispirato Loy racconta<br />
l’<strong>in</strong>surrezione che nel ’43, poco prima dell’arrivo<br />
degli Alleati, vide <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
di Napoli ribel<strong>la</strong>rsi compatta ai nazisti obbligandoli<br />
al<strong>la</strong> ritirata. Loy fonde i tanti<br />
frammenti che compongono quel<strong>la</strong> rivolta<br />
anonima <strong>in</strong> cui tutti, armati di quello che<br />
avevano a disposizione, fucili, pietre, bottiglie<br />
piene di benz<strong>in</strong>a, combatterono contro<br />
gli oppressori. Fu una rivoluzione senza<br />
capi, fatta di tanti piccoli eroismi <strong>in</strong>dividuali<br />
e anonimi, come quello di Gennar<strong>in</strong>o<br />
Capuozzo, di dieci anni, ucciso su una barricata,<br />
o quello del<strong>la</strong> banda Ajello, formata<br />
di ragazzi scappati dal ri<strong>formato</strong>rio: un episodio<br />
poco ricordato nelle pubbliche celebrazioni,<br />
a cui il c<strong>in</strong>ema ha reso un doveroso<br />
omaggio.<br />
Molto più nota è <strong>la</strong> tragedia rievocata <strong>in</strong><br />
“Dieci italiani <strong>per</strong> un tedesco”, quel<strong>la</strong> del<br />
massacro delle Fosse Ardeat<strong>in</strong>e seguito all’attentato<br />
di via Rasel<strong>la</strong>. Si tratta di un film<br />
fatto di microstorie, scandito <strong>in</strong> tre momenti<br />
(antefatto, conseguenze, epilogo) dai passi<br />
<strong>in</strong>quadrati dal basso di tre diversi gruppi<br />
di <strong>per</strong>sone. Dapprima sono i passi im<strong>per</strong>sonali<br />
e marziali dei tedeschi - simbolo dell’arroganza<br />
dom<strong>in</strong>atrice - che sfi<strong>la</strong>no <strong>in</strong> via<br />
Rasel<strong>la</strong> marciando verso il loro dest<strong>in</strong>o. Poi<br />
sono i passi scomposti e spaventati degli<br />
uom<strong>in</strong>i fermati nel rastrel<strong>la</strong>mento - le vit-<br />
time “occasionali” - che muovono i piedi<br />
nervosamente <strong>per</strong> combattere il freddo, nell’attesa<br />
di sa<strong>per</strong>e cosa li aspetta. Inf<strong>in</strong>e, i<br />
passi rassegnati degli ebrei che vanno cantando<br />
<strong>in</strong>contro al<strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione - icona dolente<br />
dell’Olocausto e simbolo dei capri espiatori<br />
<strong>per</strong> nascita, delle vittime predest<strong>in</strong>ate<br />
di tutti i tempi.<br />
Tante sono le vicende che si <strong>in</strong>trecciano,<br />
facendo emergere le reazioni di chi, suo<br />
malgrado, si è trovato co<strong>in</strong>volto <strong>in</strong> una causa<br />
non condivisa, ignorata o addirittura avversata.<br />
Così, il tito<strong>la</strong>to don Alfonso, scoprendo<br />
che il figlio Gilberto, che ha sempre<br />
reputato un gaudente <strong>per</strong>digiorno, è entrato<br />
nelle brigate partigiane e sta <strong>per</strong> essere giustiziato,<br />
accetta di sovvenzionare i combattenti<br />
con il proprio denaro. Non si può dire<br />
con questo che il suo atteggiamento nei<br />
confronti del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> sia mutato. Il suo<br />
è piuttosto l’estremo conforto offerto a chi<br />
va verso una morte certa. Fra lui e Gilberto<br />
rimane a<strong>per</strong>to lo scontro generazionale, <strong>la</strong><br />
difficoltà di comunicare impedisce che <strong>la</strong><br />
frattura si ricomponga, e non basta l’eroismo<br />
del figlio a far cambiare idea al padre.<br />
Rispetto ai suoi predecessori nei film f<strong>in</strong>ora<br />
citati Gilberto è un eroe più critico e<br />
dis<strong>in</strong>cantato. Non si illude che l’essersi ribel<strong>la</strong>ti<br />
al fascismo <strong>in</strong> quell’ultima fase del<strong>la</strong><br />
guerra possa riscattare il ventennio di dittatura<br />
quasi unanimemente accettata. E dopo<br />
aver ascoltato lo sfogo del giovane ufficiale<br />
badogliano, arrestato subito dopo aver <strong>in</strong>dossato<br />
<strong>la</strong> divisa e ora condannato con gli<br />
altri al plotone di esecuzione, che piange<br />
chiedendosi <strong>per</strong>ché deve morire, Gilberto<br />
pronuncia parole dure, <strong>per</strong> nul<strong>la</strong> assolutorie:<br />
“Non significa niente morire da eroi...<br />
In questi ultimi m<strong>in</strong>uti smettiamo<strong>la</strong> con <strong>la</strong><br />
retorica, cerchiamo piuttosto di avere il coraggio<br />
di essere s<strong>in</strong>ceri. Questo ragazzo l’abbiamo<br />
condannato noi a morte con i nostri<br />
venti anni di <strong>in</strong>differenza al fascismo, con<br />
a. XXIII, n. s., n. 2, dicembre 2003 33