"l'impegno" in formato pdf - Istituto per la storia della Resistenza e ...
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<strong>la</strong> nostra vigliaccheria. Avremmo potuto<br />
opporci con le nostre forze e allora sarebbe<br />
stato il momento di gridare ‘Viva l’Italia’,<br />
ma non l’abbiamo fatto. Ci siamo ribel<strong>la</strong>ti<br />
troppo tardi <strong>per</strong> pretendere di avere le mani<br />
pulite”.<br />
Ratti prende le distanze da una certa retorica<br />
che, con <strong>la</strong> partecipazione di pochi<br />
al<strong>la</strong> lotta di liberazione, vorrebbe far dimenticare<br />
i molti che hanno tollerato anni di<br />
dittatura. Nello stesso tempo ribadisce <strong>la</strong><br />
condanna senza remissione dell’orrore delle<br />
Fosse Ardeat<strong>in</strong>e e di tutti gli orrori del<br />
nazifascismo. Lo fa esprimere con forza al<br />
professor Rossi che, al prete che cita a lui e<br />
agli altri condannati l’esortazione di Gesù<br />
“Perdona loro <strong>per</strong>ché non sanno quello che<br />
fanno”, ribatte: “Padre, non siamo dei santi<br />
e loro sanno molto bene quello che fanno.<br />
Nel<strong>la</strong> nostra morte non ci deve essere né<br />
<strong>per</strong>dono né amore, ma dobbiamo morire<br />
odiando, <strong>per</strong>ché il nostro odio sopravviva<br />
a noi più grande del<strong>la</strong> nostra morte”.<br />
Il regista non <strong>in</strong>dugia solo su chi vive il<br />
dramma dell’eccidio con <strong>la</strong> consapevolezza<br />
del proprio sacrificio nel disegno del<strong>la</strong><br />
lotta partigiana. Ci mostra anche le reazioni<br />
di chi è stato sopraffatto dal<strong>la</strong> Storia e cerca<br />
<strong>in</strong> tutti i modi di salvare <strong>la</strong> pelle, come il<br />
padre arrestato <strong>in</strong>sieme al figlio durante il<br />
coprifuoco e f<strong>in</strong>ito <strong>per</strong> pura sfortuna, come<br />
<strong>la</strong> maggior parte degli altri, negli elenchi<br />
dei condannati. Per far ri<strong>la</strong>sciare almeno<br />
il ragazzo, promette all’ufficiale tedesco<br />
che lo sta <strong>in</strong>terrogando di rive<strong>la</strong>re nomi e<br />
<strong>in</strong>formazioni su ebrei e comunisti. Paradossalmente,<br />
è il nazista a richiamarlo al<strong>la</strong> dignità,<br />
dicendogli che se suo figlio si salvasse,<br />
si vergognerebbe poi di lui. L’uomo capisce,<br />
lo r<strong>in</strong>grazia di avergli ricordato il senso<br />
dell’onore. Ma al<strong>la</strong> moglie scrive di morire<br />
senza sa<strong>per</strong>e <strong>per</strong>ché. Il grande scontro<br />
che si sta consumando fra <strong>la</strong> libertà e l’oppressione<br />
gli è rimasto estraneo. La sua è<br />
Maria Ferragatta - Orazio Paggi<br />
<strong>la</strong> morte doppiamente <strong>in</strong>utile del<strong>la</strong> vittima<br />
<strong>in</strong>consapevole, come lo è quel<strong>la</strong> del giovane<br />
detenuto, <strong>in</strong> prigione <strong>per</strong> borsa nera e fermato<br />
proprio al momento del<strong>la</strong> scarcerazione<br />
<strong>per</strong> essere giustiziato <strong>in</strong>sieme agli altri<br />
oltre trecento italiani.<br />
Le immag<strong>in</strong>i si soffermano anche sullo<br />
strazio delle donne che hanno <strong>per</strong>so i loro<br />
uom<strong>in</strong>i: <strong>la</strong> giovane che <strong>in</strong>segue il camion<br />
che le sta portando via il fidanzato e cade,<br />
gettata a terra da un tedesco, <strong>in</strong> una scena<br />
che ricalca quel<strong>la</strong> di “Roma città a<strong>per</strong>ta”;<br />
<strong>la</strong> moglie che riceve <strong>la</strong> lettera <strong>in</strong> cui apprende<br />
che il marito e il figlio appena adolescente<br />
verranno uccisi. Momenti di dolore<br />
privato che non fanno che ribadire l’enormità<br />
del<strong>la</strong> tragedia compiutasi alle Fosse<br />
Ardeat<strong>in</strong>e.<br />
Se pure modesto sul piano c<strong>in</strong>ematografico,<br />
“Dieci italiani <strong>per</strong> un tedesco” rimane<br />
una dignitosa e corretta ricostruzione e<br />
un valido studio di caratteri. Lo stesso merito<br />
di aderenza storica si può attribuire a<br />
un altro film basato su una <strong>storia</strong> vera, “Salvo<br />
D’Acquisto” (1975) di Romolo Guerrieri,<br />
con soggetto di Giuseppe Berto. La vicenda<br />
è nota. Il vice brigadiere Salvo D’Acquisto<br />
nel corso di una rappresaglia nazista,<br />
conseguenza dell’uccisione di due tedeschi<br />
<strong>per</strong> lo scoppio accidentale di una<br />
bomba, si dichiara colpevole del presunto<br />
attentato <strong>per</strong> salvare i venti condannati e<br />
viene fuci<strong>la</strong>to al loro posto. A chi gli aveva<br />
r<strong>in</strong>facciato <strong>la</strong> partecipazione attiva di altri<br />
carab<strong>in</strong>ieri al<strong>la</strong> lotta contro gli <strong>in</strong>vasori<br />
dimostra così un modo anche più coraggioso<br />
di combattere che non riparare sui monti:<br />
“A volte ci vuole più fegato a restare che<br />
ad andarsene”. Guerrieri ripropone fedelmente<br />
gli avvenimenti che vanno dal<strong>la</strong><br />
caduta di Mussol<strong>in</strong>i all’armistizio dell’8<br />
settembre, evita le tentazioni agiografiche<br />
e <strong>la</strong> retorica, sfiora senza eccessi alcune corde<br />
toccanti - le donne che corrono nei cam-<br />
34 l’impegno