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"l'impegno" in formato pdf - Istituto per la storia della Resistenza e ...

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Più numerosi furono gli spostamenti prima<br />

del 1938, che si concentrarono pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

<strong>in</strong> Lombardia (17) e <strong>in</strong> Piemonte<br />

(13 <strong>per</strong>sone, di cui 10 a Tor<strong>in</strong>o). Dal 1938<br />

al 1942 si ebbero 7 emigrazioni nel Piemonte,<br />

tutte verso Tor<strong>in</strong>o, mentre 6 <strong>per</strong>sone<br />

emigrarono all’estero. Dal 1943 al 1945 risultano<br />

scarsi gli spostamenti del gruppo;<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, dopo il 1945, 15 <strong>per</strong>sone emigrarono<br />

all’<strong>in</strong>terno del Piemonte, 8 si diressero<br />

verso <strong>la</strong> Lombardia e 5 verso <strong>la</strong> Toscana.<br />

Per quanto concerne le immigrazioni, prima<br />

del 1938 arrivarono 20 <strong>per</strong>sone dal resto<br />

del Piemonte, di cui 10 da Tor<strong>in</strong>o; 6 giunsero<br />

dal<strong>la</strong> Toscana e 7 dall’estero. Dal 1938<br />

al 1942 sono 7 le <strong>per</strong>sone che giunsero dal<br />

Piemonte, di cui 6 da Tor<strong>in</strong>o; 4, <strong>in</strong>vece, arrivarono<br />

dall’Emilia. Dal 1943 al 1945 le<br />

immigrazioni risultano scarse; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, dopo<br />

il 1945 il maggior numero di immigrati, <strong>per</strong>altro<br />

pochi, era concentrato <strong>in</strong> Piemonte:<br />

5 <strong>per</strong>sone <strong>in</strong> tutto, di cui 4 arrivarono da<br />

Tor<strong>in</strong>o.<br />

Complessivamente risulta che ben 92 <strong>in</strong>dividui<br />

emigrarono e 72 immigrarono, <strong>per</strong>tanto<br />

è assai elevata <strong>la</strong> <strong>per</strong>centuale degli<br />

<strong>in</strong>dividui che si spostarono, non saldamente<br />

legati al<strong>la</strong> città di Vercelli: possiamo dedurre<br />

un alto grado di mobilità del gruppo.<br />

Vercelli e <strong>la</strong> <strong>per</strong>secuzione razziale<br />

La violenta campagna antisemita messa<br />

<strong>in</strong> atto dal regime fascista e l’immediata<br />

conseguenza di tale campagna, ossia <strong>la</strong><br />

promulgazione delle prime leggi razziali,<br />

non risparmiò <strong>la</strong> città di Vercelli: <strong>la</strong> picco<strong>la</strong><br />

ma florida Comunità ebraica vercellese<br />

Crist<strong>in</strong>a Merlo<br />

ebbe identica sorte alle altre comunità italiane.<br />

Al<strong>la</strong> data del 1938 gli ebrei vercellesi<br />

erano <strong>in</strong>tegrati, conosciuti e rispettati all’<strong>in</strong>terno<br />

del<strong>la</strong> società vercellese. In base<br />

ai dati raccolti e ai risultati ricavati tramite<br />

le ricerche condotte all’Archivio di Stato<br />

di Vercelli ed all’anagrafe e tramite le <strong>in</strong>formazioni<br />

ottenute da tutti gli <strong>in</strong>tervistati,<br />

risulta che il gruppo ebraico occupasse<br />

un posto di rilievo all’<strong>in</strong>terno del<strong>la</strong> città.<br />

Gli ebrei vercellesi appartenevano, <strong>per</strong> lo<br />

più, al<strong>la</strong> cosiddetta “buona borghesia”: si<br />

trattava <strong>in</strong>fatti di famiglie che godevano di<br />

una discreta condizione economica e di un<br />

altrettanto discreto prestigio sociale.<br />

Molti <strong>in</strong>dividui, come già <strong>in</strong>dicato da Terenzio<br />

Sarasso <strong>in</strong> “Storia degli Ebrei a Vercelli”,<br />

erano emigrati, ma chi era rimasto<br />

aveva dato un notevole impulso al<strong>la</strong> Comunità<br />

ebraica vercellese. Erano emerse,<br />

all’<strong>in</strong>terno del gruppo, <strong>per</strong>sonalità di spicco;<br />

si era affermata <strong>la</strong> studiosa gioventù<br />

israelita, i cui membri vantavano titoli di<br />

studio sia a livello di scuo<strong>la</strong> media su<strong>per</strong>iore<br />

che a livello universitario, cosa che<br />

aveva <strong>per</strong>messo loro di svolgere professioni<br />

<strong>in</strong> grado di garantire <strong>la</strong> sicurezza economica.<br />

Molti giovani cont<strong>in</strong>uavano a svolgere<br />

<strong>la</strong> professione un tempo svolta dal padre e<br />

ancor prima dal nonno; venivano tramandate,<br />

<strong>in</strong> partico<strong>la</strong>re, di generazione <strong>in</strong> generazione,<br />

l’attività di commerciante, di<br />

generi alimentari e di tessuti, e l’attività di<br />

orefice 13 .<br />

Anche le <strong>per</strong>sone <strong>in</strong>tervistate nel corso<br />

di questa ricerca provenivano da famiglie<br />

13 A tal proposito nel testo di Sarasso si legge che: “[...] cont<strong>in</strong>uano a svolgere, e possibilmente<br />

a sviluppare, le attività paterne, come Vittorio Muggia che <strong>in</strong>augura a Vercelli<br />

un nuovo negozio di argenteria”; cfr. TERENZIO SARASSO, Storia degli Ebrei a Vercelli, Vercelli,<br />

Comunità israelitica, 1975, p. 131. Analizzando, fra gli altri, il caso di Vittorio Muggia,<br />

segna<strong>la</strong>to da Sarasso, si può constatare che il passaggio di attività di padre <strong>in</strong> figlio non<br />

78 l’impegno

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