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Seminario su Gramsci - ART

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nuclei di sviluppo, autonomo o <strong>su</strong>balterno che sia al centro capitalistico,<br />

purché, ovviamente, i loro movimenti socialisti non debbano fronteggiare<br />

un’insorgenza armata della controrivoluzione o un’aggressione<br />

straniera. Infine aggiungerei che questa tematica sembra valere nelle<br />

stesse condizioni della transizione al socialismo. Sostanzialmente i rilievi<br />

critici di <strong>Gramsci</strong> del 1926 e del 1929 alla situazione interna dell’Unione<br />

Sovietica mi paiono rappresentare anche un invito ad affrontare<br />

la costruzione del socialismo in termini di “guerra di posizione” e di<br />

egemonia anziché di sfondamento e di estrema violenza <strong>su</strong> una parte<br />

stessa delle classi <strong>su</strong>balterne. D’altro canto, con straordinaria intuizione,<br />

nei Quaderni egli afferma che l’epoca della “guerra di movimento” era<br />

finita, in Europa, nel 1917, ovvero che l’intero continente era concretamente<br />

passato alle condizioni della “guerra di posizione”: Russia perciò<br />

compresa.<br />

Ancora in frammentaria conclusione. L’elemento originario in <strong>Gramsci</strong><br />

di tipo volontaristico <strong>su</strong> premesse anche vitalistiche as<strong>su</strong>me dunque<br />

compiutamente nei Quaderni un carattere non solo molto articolato ma<br />

dotato di una base analitica e strategica totalmente concreta. Parimenti<br />

viene a essere definitivamente evitato da <strong>Gramsci</strong> quel limite di schematismo<br />

produttore di antitesi che è spesso dentro al pensiero di Lenin:<br />

consistente in analisi generali <strong>su</strong> base economicistica dei processi<br />

contraddittori della società <strong>su</strong>bito rovesciate in affidamenti alla volontà<br />

politica del compito di fruire di questi processi, esasperarne la dirompenza,<br />

ecc. La concezione materialistica della storia, infatti, cambia in<br />

<strong>Gramsci</strong> completamente di segno: il cambiamento rivoluzionario della<br />

forma sociale non è più di sola competenza di forze produttive agognanti<br />

il loro pieno sviluppo, non essendo vero che le crisi “organiche”<br />

della società capitalistica siano prodotte e determinate solamente dalla<br />

contraddizione tra rapporti di produzione e forze produttive, e questo<br />

perché non è vero che il capitalismo abbia semplificato all’estremo la<br />

società, l’abbia sostanzialmente ridotta a due classi e ridotto la “sovrastruttura”<br />

a “<strong>su</strong>blimazione” della “struttura”. Vero è che, marxianamente,<br />

tra le forze produttive sociali c’è il proletariato cioè c’è una classe<br />

sfruttata e portata alla rivolta: tuttavia è anche vero che i momenti<br />

della rivolta e della soggettivazione politica di questa classe non ri<strong>su</strong>ltano<br />

determinati, come ritiene Marx, semplicemente dall’esperienza dello<br />

sfruttamento e della violenza statale ma sono determinati dal processo<br />

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