Seminario su Gramsci - ART
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gemonia ha molto in comune). <strong>Gramsci</strong> vede bene tutto questo, mostrando<br />
di condividere con altri classici novecenteschi della politica a<br />
cominciare dai Francofortesi – vale la pena di sottolinearlo – una spiccata<br />
sensibilità per la potenza egemonica ormai immanente al rapporto<br />
sociale capitalistico nella <strong>su</strong>a immediata, nuda operatività. Per tale ragione<br />
i Quaderni trattano sempre il tema del consenso con una evidente<br />
– ed esibita – diffidenza. La parola è spesso tra virgolette e ancor più<br />
spesso accompagnata da puntualizzazioni che sottolineano la problematicità<br />
del concetto. Il consenso può essere «spontaneo» ma anche<br />
«organizzato»; «diretto» ma anche «indiretto»; «volontario (libero)» ma<br />
anche «creato»; «attivo» ma anche «passivo», ecc. [691, 1636, 1669,<br />
1771, 2171-3]. È una contraddizione? Certamente sì. Ma non per questo<br />
si tratta – come ritiene Anderson e chi pensa astrattamente («dicotomicamente»)<br />
– di un errore della teoria. È una contraddizione della<br />
realtà, che la teoria ha il dovere di riconoscere e di problematizzare. E<br />
che – come è stato rilevato 64 – attrae l’interesse di <strong>Gramsci</strong> sin dai primissimi<br />
cimenti.<br />
La teoria dell’egemonia riposa <strong>su</strong> una netta distinzione tra l’idea di direzione<br />
e quella di dominio. Ma, se da un lato tale distinzione va tenuta ferma<br />
(contro ipotesi di commistione che vanificherebbero qualsiasi sforzo<br />
analitico e – a maggior ragione – contro le critiche che attribuiscono<br />
a <strong>Gramsci</strong> tale confusione), essa va tuttavia annoverata tra le distinzioni<br />
concettuali (<strong>Gramsci</strong> direbbe «metodiche») e non tra le distinzioni reali<br />
(«organiche»). Questa distinzione va presa insomma cum grano salis, nella<br />
mi<strong>su</strong>ra in cui, ben diversi nella loro logica (in astratto), direzione e dominio<br />
si presentano in realtà sempre mescolati tra loro: nella concreta realtà<br />
storico-politica l’esercizio del potere – fatta eccezione per il caso-limite<br />
della violenza fisica in atto – implica (si realizza in virtù di) un mix di<br />
direzione e coercizione in tutte le articolazioni della totalità sociale. Appare<br />
utile al riguardo riflettere <strong>su</strong>lla classica espressione «idee dominanti».<br />
Non si tratta di una contraddizione in termini né di un’espressione imprecisa,<br />
ma della consapevolezza che esiste anche una dimensione di<br />
64 Cfr. Paggi, Antonio <strong>Gramsci</strong> e il moderno principe, cit., pp. 138 ss., dove emerge come sin dal<br />
1918 appaia a <strong>Gramsci</strong> decisivo – pena il permanere del proletariato operaio in condizioni<br />
di <strong>su</strong>balternità al potere capitalistico – affrontare quel tema della «organizzazione della<br />
spontaneità» e della <strong>su</strong>a «educazione» che, non per caso, i Quaderni riprenderanno a proposito<br />
del biennio rosso [330].<br />
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