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Seminario su Gramsci - ART

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dirigenti comunisti sapevano parlare, ma che sapesse ascoltare... c’era<br />

soltanto <strong>Gramsci</strong>. Soltanto lui aveva questa capacità di un rapporto diretto<br />

e continuo con gli operai delle fabbriche che gli permetteva, e<br />

permetteva all’organizzazione dei Consigli, di conoscere perfettamente<br />

la psicologia, lo stato d’animo, la cultura degli operai, ma anche di conoscere<br />

la fabbrica, di conoscere perfettamente come funzionava, di<br />

conoscere perfettamente il ciclo produttivo, fino a poter fare quell’esperienza<br />

di produzione durante l’occupazione della fabbrica di cui prima<br />

parlavo.<br />

Io penso che ci sia in questa immagine di <strong>Gramsci</strong> che “sapeva ascoltare”<br />

(e ricordiamoci che egli è un uomo di molte durezze personali e<br />

psicologiche) uno stile di direzione che è anche, io credo, un elemento di<br />

teoria politica: cioè la capacità di ascoltare deriva dal fatto che la direzione<br />

politica è, per <strong>Gramsci</strong>, tale solo se si pone in rapporto con la spontaneità,<br />

e se in tal modo la trasforma in “spontaneità consapevole”. In<br />

questo <strong>Gramsci</strong> innova e <strong>su</strong>pera la teoria “classica” del Partito, anche<br />

(o soprattutto) quella leninista del Che fare? (il libro di Lenin dedicato<br />

alla teoria del Partito). Come ricorderete, Lenin nel Che fare? sosteneva<br />

che la coscienza marxista, la coscienza politica, viene alla classe operaia<br />

solo dall’esterno: sono alcuni intellettuali transfughi dalla borghesia che<br />

portano “in dote” (per così dire) alla classe operaia la coscienza politica,<br />

perché dall’interno della classe non può venire una coscienza politica,<br />

può venire tutt’al più qualche scintilla (così Lenin le chiama) di antagonismo,<br />

ma resta una differenza qualitativa tra la spontaneità (che sarebbe<br />

sempre pericolosa perché porta al sindacalismo, al trade-unionismo,<br />

allo spontaneismo, all’estremismo) e, invece, la coscienza, che<br />

posseggono solo gli intellettuali marxisti. Scrive Lenin nel Che fare? (che<br />

è del 1903, dunque molto prima dell’Ottobre):<br />

«Il detentore della scienza non è il proletariato, ma sono gli intellettuali borghesi;<br />

anche il socialismo contemporaneo è nato dal cervello (sic!) di alcuni membri di<br />

questo ceto, ed è stato da essi comunicato ai proletari più elevati per il loro sviluppo<br />

intellettuale, i quali in seguito lo introducono nella lotta di classe (sic!) là dove<br />

le condizioni lo permettono. La coscienza socialista è dunque un elemento importato<br />

nella lotta di classe dall’esterno.» 7<br />

Ma così, paradossalmente, il marxismo diventava una teoria che autorizzava<br />

gli intellettuali borghesi a dirigere gli operai, a pensare e parlare<br />

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