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Seminario su Gramsci - ART

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agionato de<strong>su</strong>mendo dalla rilevanza della «quistione dell’egemonia»<br />

nell’impostazione gramsciana la centralità della battaglia culturale, e<br />

scorgendo in ciò la prova del pre<strong>su</strong>nto congedo di <strong>Gramsci</strong> da Lenin e<br />

dal concetto di dittatura del proletariato (cioè la tesi secondo cui i Quaderni<br />

sostituirebbero una teoria mite e incruenta della rivoluzione –<br />

oggi si direbbe «non-violenta» – a una teoria cattiva, inutilmente feroce<br />

e brutale). Da qui il passo verso un <strong>Gramsci</strong> «sovrastrutturale» e «riformista»,<br />

sostenitore della democrazia parlamentare – un <strong>Gramsci</strong>… ad<br />

u<strong>su</strong>m Delphini – è decisamente breve. Si tratta tuttavia di ragionamenti<br />

privi di consistenza.<br />

Se quanto si è finora argomentato <strong>su</strong>l tema dell’egemonia coglie nel segno,<br />

la <strong>su</strong>a centralità/ubiquità non sposta in alcun modo il fuoco dell’attenzione<br />

<strong>su</strong>l piano culturale-ideologico a svantaggio della lotta di classe<br />

nella sfera della produzione. Nella mi<strong>su</strong>ra in cui concerne l’inerenza di funzioni<br />

egemoniche a tutti gli snodi della relazione sociale (ivi compreso<br />

il rapporto di produzione immediato), essa costituisce un importante<br />

elemento di riflessione <strong>su</strong>l carattere integrato, organico, «totalitario»<br />

della formazione sociale moderna (percorsa nel <strong>su</strong>o intero dalla trama<br />

delle relazioni discorsive). In questo senso, l’ubiquità dell’egemonia<br />

parla piuttosto della ispirazione radicalmente antideterministica della teoria<br />

gramsciana della trasformazione, nella quale decisiva appare l’impronta<br />

di Labriola 60 .<br />

Il necessario coinvolgimento della soggettività (che, come abbiamo visto,<br />

è alla base della ubiquità della relazione egemonica) conferisce ai<br />

rapporti di potere una essenziale ambivalenza. Si tratta di un elemento<br />

di forza e, al tempo stesso, di debolezza delle strutture di potere date,<br />

nella mi<strong>su</strong>ra in cui, da una parte, offre al dominante (e, più in generale,<br />

all’istanza sovraordinata nel quadro di ciascun ambito relazionale) uno<br />

strumento in più (oltre all’uso della forza e della coazione immediata) al<br />

fine di consolidare le relazioni gerarchiche, di agevolare i flussi di comando,<br />

di irrobustire le dinamiche di potere, conferendo loro corollari<br />

simbolici e attributi di legittimazione, anche talvolta a carattere ideologico<br />

e manipolativo. Dall’altra parte (ed è questa una contraddizione<br />

ineliminabile, che mantiene aperta la prospettiva rivoluzionaria dentro<br />

60 Cfr. al riguardo Burgio, Il Labriola di <strong>Gramsci</strong>, cit., in part. pp. 317-9, e, da ultimo, F. Frosini,<br />

<strong>Gramsci</strong> e Labriola: lo statuto della teoria e l’autoriflessività, in La prosa del comunismo critico. Labriola<br />

e <strong>Gramsci</strong>, a cura di L. Durante e P. Voza, Palomar, Bari 2006, pp. 249-74.<br />

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