Seminario su Gramsci - ART
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<strong>Gramsci</strong> coglie immediatamente e fa <strong>su</strong>a. Secondo Lenin (e secondo<br />
l’esperienza vittoriosa dell’Ottobre) la crisi del capitalismo è già in atto e<br />
dunque bisogna intervenire soggettivamente in essa, come una levatrice<br />
interviene in un parto. Non solo: ma la crisi del capitalismo (aperta in<br />
tutto il mondo nel ’14 dallo scoppio della guerra inter-imperialistica) è<br />
crisi catastrofica, ciò significa che lasciato a se stesso il capitalismo conduce<br />
l’umanità verso la guerra e la fame, non verso il progresso: l’alternativa<br />
attuale, già aperta di fronte all’umanità, è dunque fra la rivoluzione<br />
e una nuova terribile barbarie. Cioè la rivoluzione è la cosa che trasforma<br />
la crisi in Rivoluzione, più precisamente è un intervento soggettivo<br />
del proletariato che attraverso il <strong>su</strong>o partito trasforma la crisi in rivoluzione.<br />
C’è un passaggio di <strong>Gramsci</strong> che abbiamo appena letto, riferito ai<br />
“bolsceviki”, che ci colpisce molto: «Essi non sono marxisti, ecco tutto».<br />
Ma è in realtà una citazione dello stesso Marx che, di fronte a interpretazioni<br />
dogmatiche, di scuola, del <strong>su</strong>o pensiero, disse a <strong>su</strong>a volta: «Je<br />
ne <strong>su</strong>is pas marxiste! (Io non sono marxista!)». Perché, come dice Lenin,<br />
il problema è «l’analisi concreta delle situazioni concrete... Questa è<br />
l’anima vivente del marxismo». A questa creatività davvero marxista e<br />
leninista era stata opposta dai socialdemocratici della II Internazionale,<br />
dai socialisti riformisti (e positivisti) una vera e propria teoria della<br />
passività, basata <strong>su</strong>l fatto che era “oggettivamente inevitabile” la futura<br />
crisi del capitale e che quindi il proletariato non potesse fare altro<br />
che aspettare, o meglio affrettare quella crisi attraverso... lo sviluppo<br />
stesso del capitalismo, con le riforme e la lotta sindacale.<br />
Ripeto: La rivoluzione contro il Capitale è uno scritto che sarà <strong>su</strong>perato dal<br />
<strong>Gramsci</strong> più maturo, uno scritto giovanile; però a me colpisce questo<br />
passaggio ultimo che abbiamo letto, dove <strong>Gramsci</strong> parla della storia,<br />
questa cosa che gli uomini fanno tutti insieme, organizzandosi fra loro,<br />
accostandosi fra loro. Perché proprio questo concetto ricorre in una<br />
delle ultimissime lettere dal carcere di <strong>Gramsci</strong> (malatissimo e quasi<br />
morente), una delle lettere più belle e più note, al figlio Delio, in cui<br />
scrive:<br />
«Carissimo Delio, mi sento un po’ stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi<br />
sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace,<br />
come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e<br />
tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del<br />
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