Seminario su Gramsci - ART
Seminario su Gramsci - ART
Seminario su Gramsci - ART
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
molecolare da un lato richiede l’attivazione di grandi figure “molari”<br />
(per riprendere una vecchia – e polemica – definizione di Deleuze e<br />
Guattari), dall’altro richiede, forse come precondizione, la lotta contro<br />
le grandi concentrazioni di potere economico, politico e mediatico che<br />
in gran parte determinano la costituzione, l’aggregazione (e la disgregazione)<br />
delle molecole sociali. Mi spiego meglio.<br />
Prima di tutto dobbiamo riconoscere che la nozione di guerra di posizione<br />
matura nel corso della prima guerra mondiale e che oggi le condizioni<br />
della guerra sono davvero molto diverse. Non più la contesa<br />
palmo a palmo di casematte da parte di eserciti di massa, ma il controllo<br />
“dall’alto” di posizioni strategiche da parte di eserciti ipertecnologici<br />
e quantitativamente ridotti. La guerra di posizione non è affatto scomparsa,<br />
soprattutto nelle guerre di occupazione (Falluja né è l’esempio<br />
più tragico), ma essa è <strong>su</strong>rdeterminata da altre modalità strategiche, che<br />
tendono a considerare molto più “fluide” le casematte, ossia le posizioni<br />
stabili. Questa guerra è lo specchio di un conflitto sociale in cui all’espansione<br />
ed alla moltiplicazione dei punti di scontro non corrisponde<br />
una vera importanza strategica di questi punti stessi, ed in cui la conquista<br />
delle casematte si accompagna spesso alla desolata constatazione<br />
che esse sono vuote.<br />
Usciamo dalla metafora: mentre nella seconda metà dello scorso secolo<br />
lo sviluppo dello stato sociale poteva effettivamente essere visto come<br />
la creazione di stabili centri di potere sociale diffuso, che determinavano<br />
le forme dell’egemonia di una classe <strong>su</strong>ll’altra e che potevano essere<br />
l’oggetto di una lunga e significativa contesa (le lotte che vanno dal<br />
1968 al 1980 possono agevolmente essere lette in questo modo), la <strong>su</strong>ccessiva<br />
distruzione dello stato sociale ha sostituito i centri di potere diffuso<br />
con “flussi” di potere fatti di con<strong>su</strong>mo, spettacolo ed erogazioni<br />
monetarie discrezionali: flussi attivati da “fortezze” concentrate e sottratte<br />
agli effetti delle lotte popolari. Ne consegue che più che <strong>su</strong>lla<br />
conquista di quei centri di potere diffuso, le lotte popolari devono concentrarsi<br />
<strong>su</strong>lla loro ricostruzione, ma non possono farlo se prima non<br />
conquistano le “fortezze” di cui sopra o se quantomeno, non ne riducono<br />
in parte il potere. Ossia se non agiscono <strong>su</strong>l nesso governi-imprese<br />
che determina l’emanazione di quei “flussi”.<br />
D’altro canto, quando, a proposito della “vecchia” guerra di posizione<br />
si parla di “trasformazione molecolare” ci si esprime, almeno in parte,<br />
96