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Seminario su Gramsci - ART

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crazia conservatrice risponde rinunziando a rispondere, perché i <strong>su</strong>oi<br />

poteri sono drasticamente ridotti, perché il potere effettivo di decidere<br />

<strong>su</strong>lle cose che contano è ora trasferito “altrove”, nei centri decisionali<br />

tecnocratici della finanza internazionale (dal Fondo monetario alle Banche<br />

centrali, alle sedi non democratiche abilitate a sancire la sovranità<br />

del libero mercato <strong>su</strong> ogni traccia residua di Stato sociale). Dal lato relativamente<br />

forte dei poteri che restano alle istituzioni statuali, la risposta<br />

è invece autoritaria, poiché l’esecutivo vuol avocare al proprio ruolo<br />

gli altri organi e vuol “semplificare” la stessa democrazia, addomesticando<br />

i parlamenti con un bipolarismo divenuto, di fatto, “bi-centrismo”<br />

se non “bi-destrismo”, come sostiene un libro di Marco Revelli.<br />

La semplificazione delle istituzioni indebolite conduce dunque a un leader<br />

fortificato. Anche gli enti locali, per analogia, sono sottoposti a<br />

“governatori”. Un caudillo governa ogni regione e ogni città, anche se<br />

scelto con le primarie dai potenziali elettori (il voto dei quali, peraltro,<br />

non sarebbe più segreto), invece che dal <strong>su</strong>o partito. Scelto dagli elettori,<br />

ma non di rado tentato da peccati morali o penali, <strong>su</strong>ll’esempio del<br />

Conducator nazionale. I sindaci rossi designati dal Pci avevano ben altra<br />

stoffa. E gli stessi partiti oggi si semplificano, mimeticamente, identificandosi<br />

con i loro capi più o meno carismatici, a destra, al centro e anche<br />

in qualche sinistra.<br />

Vedremo dopo i giudizi di <strong>Gramsci</strong> <strong>su</strong>i bonapartismi. Egli mostra un<br />

precedente tempo storico, come “arretratezza”, farsi contemporaneo del e<br />

nel tempo <strong>su</strong>ccessivo, più “avanzato”. I (contemporanei) dislivelli si<br />

manifestano, con l’avanzare della civiltà moderna, non soltanto nella<br />

struttura economico-sociale, ma anche nelle <strong>su</strong>perstrutture culturali e<br />

in quelle istituzionali: in queste ultime, come scarto diacronico e anche<br />

sincronico tra gli interessi economico-corporativi e la <strong>su</strong>periore attività<br />

etico-politica. La distinzione gramsciana tra <strong>su</strong>perstrutture «elementari»<br />

e «<strong>su</strong>perstrutture complesse» può considerarsi una distinzione tra «sottosistemi».<br />

Nell’Ontologia di Lukács, peraltro, l’insieme struttura-sovrastruttura<br />

dell’essere sociale è un «complesso di complessi». Abbiamo<br />

detto dello scarto tra senso comune tramandato nella cultura dei “semplici”<br />

e complessità-modernità dell’alta cultura. Gli intellettuali, secondo<br />

<strong>Gramsci</strong>, dovrebbero con animo partecipe adoperarsi a “innalzare”<br />

la cultura (tradizionale) dei semplici e insieme far divenire popolare la<br />

propria cultura <strong>su</strong>periore. L’alta cultura degli intellettuali (nella filosofia,<br />

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