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Seminario su Gramsci - ART

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poste divergono: c’è chi propone di cominciare dalle “cose facili”, chi<br />

dalle “cose fondamentali”, ma poi diventa difficile accordarsi <strong>su</strong> che<br />

cosa significhi “facile” o “fondamentale”. Il mio parere personalissimo<br />

è che sarebbe bene leggere i Quaderni a cominciare... dall’inizio<br />

e procedendo via via verso la fine. La cosa, lo ammetto, non è molto<br />

originale, però è meno ovvia di quanto potrebbe sembrare, perché<br />

proprio i primi Quaderni sono quelli che presentano tre “difetti”, o<br />

piuttosto, inconvenienti: a) sono i più densi, quelli in cui <strong>Gramsci</strong> concentra<br />

un sacco di idee che gli ribollivano nella mente e che non aveva<br />

ancora potuto organizzare (dunque ri<strong>su</strong>ltano un po’ incasinati alla lettura);<br />

b) sono spesso fatti di ”appunti” un po’ affrettati, messi <strong>su</strong>lla carta<br />

per non perdere l’idea che gli veniva in mente e per non smarrire gli stimoli<br />

provenienti dalle letture accumulate nel periodo in cui non gli era<br />

stato permesso di scrivere sistematicamente (cioè dal 1926 al 1929!); c)<br />

proprio i primi Quaderni sono quelli più rielaborati <strong>su</strong>ccessivamente,<br />

cioè sono ”testi A”, di cui esistono altrove, più avanti nel tempo, altre e<br />

diverse ste<strong>su</strong>re da parte dello stesso <strong>Gramsci</strong>, e insomma, secondo la<br />

terminologia proposta dal Gerratana, quegli stessi ”testi A” sono diventati<br />

”testi C” (ma, in quanto ”testi A”, gran parte dei primi Quaderni<br />

sono pubblicati da Gerratana con un carattere tipografico più<br />

piccolo).<br />

Però questo significa anche che, se si <strong>su</strong>perano queste difficoltà iniziali,<br />

si entra immediatamente nel cuore stesso dell’opera, perché<br />

gran parte dei temi affrontati nel corso di tutti i Quaderni li troviamo,<br />

come in nuce, nei primi, a cominciare dallo splendido ”Primo quaderno”<br />

(intitolato così dallo stesso <strong>Gramsci</strong>) del 1929-30. Certo, il massimo<br />

della ”sciccheria” (ed anche dell’efficacia) consisterebbe nel<br />

”seguire” il lavoro (ed il pensiero stesso) di <strong>Gramsci</strong>, procedendo<br />

nel modo seguente: dopo avere letto un ”testo A” (e le relative note<br />

editoriali nel IV volume) si potrebbe/dovrebbe andare a leggere<br />

quello stesso testo nella <strong>su</strong>a ri-elaborazione, cioè come è stato riscritto<br />

da <strong>Gramsci</strong> in ”testo C” (alla fine di ogni paragrafo, in corpo<br />

piccolo, a sinistra, Gerratana rinvia al luogo della eventuale ri-scrittura,<br />

così facilitando molto questo tipo di lettura). Forse è troppo<br />

difficile ma, ripeto, se si riuscisse a leggere così i Quaderni (magari in<br />

un piccolo gruppo seminariale autogestito) si otterrebbe l’importante<br />

ri<strong>su</strong>ltato di vedere come <strong>Gramsci</strong> ragiona, come rielabora, come<br />

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