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Seminario su Gramsci - ART

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come politico integrale o in atto» 20 . Questo, dunque, colto nei <strong>su</strong>oi tre<br />

passaggi fondamentali, è il progetto dei Quaderni che muta continuamente,<br />

o, per meglio dire, si sviluppa e cresce <strong>su</strong> se stesso secondo<br />

una linea coerente che è possibile rintracciare. Si deve anche notare<br />

che <strong>Gramsci</strong> rielabora continuamente la <strong>su</strong>a scrittura, cioè ricopia<br />

da se stesso modificando (oppure no), allargando (oppure restringendo)<br />

ciò che ha già scritto, e depenna con un fitto reticolo (che<br />

tuttavia lascia leggere la scrittura sottostante) le parti che ha ricopiate.<br />

Valentino Gerratana, facendo riferimento a tale attività di copiatura<br />

e riscrittura, distingue tre tipologie: i “Testi A”, sono quelli che<br />

compaiono nei Quaderni in una prima ste<strong>su</strong>ra, poi ricopiata e depennata<br />

dallo stesso <strong>Gramsci</strong>; i “Testi B”, sono quelli di cui esiste una ste<strong>su</strong>ra<br />

unica, che cioè <strong>Gramsci</strong> non ha ricopiato; i “Testi C”, sono quelli ri<strong>su</strong>ltanti<br />

da una riscrittura dei testi.<br />

Capite bene che i Quaderni sono davvero un “testo mobile”, anzi<br />

un vero e proprio mare magnum, “un gran mare concitato da venti”<br />

(direbbe Guicciardini, che fra l’altro è l’unico autore citato da<br />

<strong>Gramsci</strong>, per i Ricordi e non per la Storia d’Italia, come un possibile<br />

modello della propria scrittura).<br />

3. La centralità del problema del fascismo<br />

<strong>Gramsci</strong> in carcere “fa politica”, dunque non “fa cultura” nel senso<br />

borghese del termine, non c’è in lui una regressione culturalista per<br />

cui sconfitto <strong>su</strong>l piano politico si dedica alla cultura: non è così! Ma<br />

questo “fare politica” si capisce solo se si comprende l’analisi del fascismo<br />

che <strong>Gramsci</strong> compie. Vorrei fare una sottolineatura perché a<br />

noi posteri è sempre molto difficile mettersi dal punto di vista dei contemporanei<br />

di allora, ma immaginiamo di essere nel 1926: che cosa era<br />

il fascismo non lo sapeva nes<strong>su</strong>no, cioè il movimento operaio non disponeva<br />

di un’analisi di questo fenomeno che era del tutto nuovo e imprevisto.<br />

Allora (come sempre si fa nella storia di fronte alle novità) si<br />

utilizzarono le categorie analitiche già disponibili, e allora si disse che il<br />

fascismo era il Medioevo, oppure in Russia dove c’era stata l’esperienza<br />

di organizzazioni terroristiche criminali (i “cento neri”, una specie di<br />

Ku Klux Klan russo) si paragonò il fascismo con questi precedenti,<br />

ecc.; ma in realtà il fascismo non era né Medioevo né una riedizione dei<br />

“cento neri”, era un’esperienza completamente nuova. I comunisti ita-<br />

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