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La-vita-di-S.-Francesco-da-Paola-Volume - Giovani Minimi

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Era un cavaliere Brettone in una sua casa <strong>di</strong> campagna, quando levatasi<br />

furiosa tempesta nell’aria videsi lì lì per iscontrare il supremo giorno <strong>di</strong> sua <strong>vita</strong>.<br />

Densa era la notte, e sparite le stelle, vedeasi raddoppiarsi sotto un foltissimo<br />

nuvolato la fittezza delle tenebre; in<strong>di</strong> al mettersi d’un violento libeccio rompere<br />

una <strong>di</strong> quelle burrasche che no v’ha cuor sì forte che al trovarvisi dentro non<br />

smarrisca, o per<strong>da</strong> la parola, o l’abbia solo in far voti. Fremito <strong>di</strong> tuoni che<br />

scoppiavano, e mugghiar d’onde che l’un l’altra cozzavansi: spessi lampi, ma <strong>di</strong><br />

luce spaventevole più che le tenebre. Il vento poi all’imperversare, al fremere<br />

sembrava una furia; il mare allo sconvolgersi e an<strong>da</strong>r sossopra un forsennato. Il<br />

perché <strong>di</strong> quale e quanto spavento fosse il Cavaliere compreso, ognuno potrà <strong>di</strong><br />

leggieri argomentarlo. Avea egli <strong>da</strong> <strong>Francesco</strong> ricevuto una candela benedetta,<br />

laonde presala devotamente in mano, e accesala incontanente, gli valse come <strong>di</strong><br />

scudo per <strong>di</strong>fenderlo <strong>da</strong> tutti quei perigli che gli facean vedere vicina la morte. E<br />

tanto così fatta <strong>di</strong>fesa prevalse, che alla vista <strong>di</strong> quel miracoloso lume subito si<br />

raffermò la tempesta; l’aria si serenò, ed egli riconobbesi <strong>da</strong> ogni <strong>da</strong>nno sol per<br />

miracolo salvato. Un’altra somigliante candela donò <strong>Francesco</strong> ad un pilota<br />

francese che Giovanni Biscaino nominatasi, il quale navigando nella spiaggia<br />

romana, quando fu pervenuto alla <strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> Ostia videsi in evidente pericolo <strong>di</strong><br />

naufragare; il perché il correre dell’infelice legno era un precipitar giù <strong>da</strong><br />

montagne in voragini, e intanto come <strong>di</strong> passo sembrava lacerarsi e scommetteri<br />

al batterlo del gran fiotto, al travolgersi or su l’un fianco, or su l’altro, al<br />

crollarsi degli alberi e delle antenne tutto schiantava e dolevasi, e si screpolava,<br />

e menava acqua per le congiunture oltre a’ marosi che gli spezzavano e<br />

riversavano addosso qual <strong>da</strong> poppa e qual <strong>da</strong>’ fianchi e sempreppiù pareva, e<br />

menava acqua per le congiunture oltre a’ marosi che gli spezzavano e<br />

riversavano addosso qual <strong>da</strong> poppa e qual <strong>da</strong>’ fianchi e sempreppiù pareva il<br />

mettesser sotto. Accese quegli la candela e raccoman<strong>da</strong>ndo a Dio il suo<br />

palischermo pe’ meriti <strong>di</strong> colui che gliene avea già fatto il dono, gittà quella

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