La-vita-di-S.-Francesco-da-Paola-Volume - Giovani Minimi
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chiesa gli piacesse <strong>di</strong> collocarla, o sivvero con seco nel suo privato oratorio la<br />
custo<strong>di</strong>sse. Ma <strong>Francesco</strong> gradì pure l’affetto del donatore, ma non accettò la<br />
magnificenza del dono, soggiungendo che egli non professava sua devozione al<br />
prezioso metallo, sebbene al santissimo Orginale, la cui copia bastatagli che<br />
fosse ancora <strong>di</strong> carta. Ed il regio limosiniere che presentato avea al <strong>Paola</strong>no quel<br />
dono; insistendo che almeno il volesse serbare per doverlo poscia custo<strong>di</strong>re nella<br />
chiesa del suo monastero <strong>di</strong> Plessis, che in breve per comando del Re dovea<br />
esser e<strong>di</strong>ficato, gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> rimando ancora; non desiderare che le sue case sieno<br />
adorne <strong>di</strong> gemme ma <strong>di</strong> virtù, e nelle sue chiese volere piuttosto la pietà e la<br />
devozione, che l’oro e l’argento. E <strong>da</strong> ultimo quegli sempreppiù instando a più<br />
non posso a persuadergli essere comando sovrano che ad ogni patto accettasse<br />
quella statua <strong>di</strong> cui pure rispondendo: il Re non mancare <strong>di</strong> degnissimi<br />
limosinieri, per le cui mani potea fare le limosine senza che a ciò impiegasse la<br />
sua persona che pur troppo non vi era acconcia. E qui ognuno avrebbe stimato<br />
che a questo terzo assalto tornato ancora vano per abbattere la costanza <strong>di</strong><br />
<strong>Francesco</strong>, avesse dovuto alla fin delle fini cedere la malvagia pertinacia del<br />
me<strong>di</strong>co; e pure non andò a questo modo la bisogna, e seppe pure quel perverso<br />
investigare un novello stratagemma per impegnare la curiosità <strong>di</strong> Luigi e per<br />
isperimentare la virtù <strong>di</strong> <strong>Francesco</strong>. Disse al re che quei doni finora al Romito<br />
erano stati troppo palesi al pubblico, e perciò maraviglia non era, se egli aveani<br />
fatto con ostentazione cotanta il rifiuto: essere quin<strong>di</strong> convenevole cosa che il re<br />
stesso si fosse fatto a tentare la prova, offerendogli alcun pregevole oggetto, e<br />
poi vedrebbe veramente, qual fosse l’animo <strong>di</strong> lui nel tanto affettato<br />
<strong>di</strong>staccamento <strong>da</strong>lle umane cose. Il Re così fece, e condottolo un dì solo nel suo<br />
più segreto gabinetto, procurò <strong>di</strong> porgli tra le mani un sacchetto <strong>di</strong> monete d’oro,<br />
<strong>di</strong>cendogli che con esse potrebbe egli fabbricare un monastero in Roma, come<br />
era non meno desiderio <strong>di</strong> lui, ma voto ezian<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tutti che si fon<strong>da</strong>sse. Ma il<br />
buon <strong>Paola</strong>no che avea un cuore <strong>di</strong> smalto per queste suggestioni, conosciutane<br />
la frode, <strong>di</strong>sse al Re che con quelle monete sollevasse pure i poveri giacenti