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LE PAROLE RITROVATE

Convegno nazionale di Trento 2001 - Le Parole Ritrovate

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A differenza del 1904, quando è stata approvata la Legge Giolitti sull’aperturadei manicomi, andiamo ancora più indietro. Perché tutte queste cose le possono faregli acchiappa persone che hanno il disagio mentale. Perché, se i privati farannobusinnes intorno a questo, allora andranno in giro per trovare chiunque abbia interessedi pigliarlo e di portarlo da me. Poi arriva lo Stato che mi paga una bella retta.E tutti quegli altri interventi, quella moltitudine di interventi che volevamo fare,quella responsabilizzazione della comunità, quel sostegno alle famiglie vero ereale che vogliamo fare, dove vanno a finire?Ecco perché bisogna avere questa dimensione, molto concreta, capire quelloche avviene sotto i nostri piedi, di fronte a noi, nei nostri territori, ma avere anchequesto sguardo più generale, più globale, perché molti vizi hanno la stessa radice.Il vizio della guerra ha la stessa radice del vizio di buttare le persone dentro unpiccolo, magari più bello, più moderno, manicomio rispetto a quelli che abbiamoconosciuto insieme, rispetto a quelli che ho contribuito a denunciare in questi annidi lavoro. Magari saranno con la cameretta, con il lettino personalizzato, fino a due,tre anni fa queste cose non c’erano. Magari ci metteranno la TV in camera, masempre un luogo custodiale, sempre un luogo separato da tutto, sempre un luogoche costringerà ad un’eterna assistenza, sempre un luogo di eterno mantenimento,dove gli affetti non entrano, la relazione non entra, il lavoro non entra mai, un luogoeternamente soporifero o violento, a seconda poi con quale privato vai a finire, aseconda del destino, perché se sei povero o sei persona che vive in un dato territorio,il destino, come quelli che sono nati in una parte del mondo diverso dal nostro,il destino gli ha assegnato di essere fregati, anche da noi.Ritorniamo quindi a questa visione che è una visione sbagliata, non la visionedella libertà vera, della scelta, delle opportunità, delle responsabilità, ma chi ci capitaè fregato, si arrangia e se ha soldi va avanti e se non ha soldi è fregato. E poi,anche se hai i soldi, sempre mantenimento, sempre custodia, neanche lì riesci a dareuna risposta vera, profonda, radicata a quel bisogno che meriti.Ecco perché noi, alla cultura dell’abbandono, dobbiamo far corrispondere lacultura dell’accoglienza. Non si deve abbandonare niente. Si devono solo abbandonarele ingiustizie, solo quelle bisogna abbandonare. Ecco perché, alla culturadell’abbandono, spesso corrisponde la cultura della pericolosità. Prima ti abbandono,poi tu diventi pericoloso. Prima abbandono il sud del mondo, in senso astratto,poi il sud del mondo diventa pericoloso, quindi, a quel punto, lo debbo punire.E così a casa: tu abbandoni il ragazzo, poi quello la mattina si alza, dà unoschiaffo, alla mamma o al papà, tu non sai come fare e quindi poi alla fine diventipericoloso per i tuoi genitori, per i tuoi familiari. L’abbandono porta alla pericolositàe la pericolosità porta alla custodia e la custodia porta alla istituzionalizzazione,cioè, ti piglio e ti porto in un posto e ti separo. Ti separo dal tuo mondo, ti separodai tuoi odori, da quella cultura, da quelle luci, da quel panorama, da quel contestoe lo scelgo io per te. Ti separo non perché io scelgo di tagliare con quei colori,con quegli odori, con quella cosa, ma io scelgo per te. Mentre noi all’abbandonodobbiamo far corrispondere l’accoglienza; alla pericolosità, la condivisione; allacustodia, le strutture aperte; alla istituzionalizzazione i servizi aperti.In conclusione inviterei a riflettere su tre questioni che stanno alla radice diquesto modo nuovo di intervenire, come dicevo prima, il modo dell’autoprogetto.107

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