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LE PAROLE RITROVATE

Convegno nazionale di Trento 2001 - Le Parole Ritrovate

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Termino leggendovi l’ultima parte dell’esperienza del nostro Armando.“Oggi sono trascorsi 18 mesi dal giorno dell’inserimento e soffro ancora a parlaredel mio passato. Penso al presente con i miei nuovi amici con cui chiacchierovolentieri. Penso ai clienti che frequentano il Circolo gestito dalla famiglia che miha accolto, alla verdura dell’orto e al carburatore del motorino che devo cambiare.Vedo allo specchio il mio sorriso che, da quando ho rimesso i denti, mi fa sembrareproprio un altro. Penso alla cena di sabato sera, dove rivedrò con piacere Giovannae penso a quale vestito indosserò la prossima settimana per andare a trovare i mieigenitori, ormai anziani con cui trascorrerò il fine settimana”.CLAUDIO GENTI<strong>LE</strong>Unità sanitaria locale 20, VeronaSono un assistente sociale ed opero a Verona presso il 2° Servizio Psichiatrico.Sono qui con una famiglia e un sacerdote che fa parte di una Fondazione delveronese impegnata in vari versanti del sociale e da qualche tempo sta cominciandoa collaborare con noi. Questo progetto di accoglienza familiare di cui vogliamoportare la nostra testimonianza è partito anche grazie a loro e ad altre famiglie che,di fatto, si impegnano nel quotidiano in questa esperienza.A differenza dell’esperienza di Collegno, che è un’esperienza ormai consolidata,la nostra esperienza di Verona è appena nata.Noi abbiamo deciso di “partire” sullo spunto dell’esperienza di Lucca, ormaidecennale, di Chieri, di Collegno e di altre regioni d’Italia, perché ci siamo resiconto di una cosa. Il Dipartimento di Salute mentale di Verona si compone di quattroservizi psichiatrici ed è un dipartimento che possiamo definire “ricco”, nel sensodi strutture, di servizi, in linea con quanto previsto dalla normativa sia nazionaleche regionale. Abbiamo le comunità terapeutiche, le comunità alloggio, i centridiurni e tutte le altre strutture che magari altre regioni non hanno o hanno soltantosulla carta. Ma allora perché pensare a qualcos’altro? La nostra esperienza quotidiana- mia di assistente sociale e di altri colleghi - ci ha fatto notare una cosa: piùstrutture si creano, più bisogno si induce, più queste strutture si riempiono. A volteci troviamo in difficoltà a trovare delle soluzioni residenziali. Io provenivo daun’esperienza fatta nella provincia di Verona, a Legnago, dove non c’era nessunastruttura e sembrava che non ce ne fosse neanche tanto bisogno. In realtà i bisognic’erano, ma non erano espressi.Comunque, a Verona ci siamo ritrovati con tante strutture, ma tutte piene, conuno scarso turn over e con quattro, cinque, a volte anche sei anni di permanenza, equando arrivava un problema nuovo e grosso, non si sapeva cosa fare.Un’esperienza personale mi ha portato a sperimentare l’accoglienza familiare.Noi preferiamo usare questo termine “accoglienza”, e non “affido”. Anche formalmente,a livello istituzionale, il nostro progetto parla di “accoglienza”. È un interventoche viene concordato, accettato dall’utente che diventa il vero protagonista,che decide se va bene quella famiglia o meno; decide insieme a noi quando ini-23

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