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LE PAROLE RITROVATE

Convegno nazionale di Trento 2001 - Le Parole Ritrovate

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RICCARDO TIRAFERRIServizio di salute mentale, Chivasso, TorinoDa Chivasso portiamo due esperienze. Oggi Evelina leggerà l’esperienza di ungruppo appartamento di Chivasso. Domani ci saranno più di una relazione, forseanche un video su un Gruppo teatro del nostro Centro Diurno. Sono due esperienzeslegate, ma è la prima volta che ci presentiamo in un Convegno nazionale e siamoancora apprendisti….La riflessione che io vorrei fare - brevemente, poi lascio la parola ad Evelina -parte da lontano. Ho lanciato io il sasso delle Parole ritrovate in ambulatorio, perchého l’impressione che sia importante, nei Servizi e in tutto ciò che ruota intornoai Servizi, parlarle queste Parole ritrovate. Che sia importante provare a parlare italiano.Italiano e non ‘psichiatrese’, non ‘psicanalese’, non gerghi di servizio.Ricordo che nel ‘96 avevo partecipato al Convegno internazionale della Pastoralesanitaria che si teneva in Vaticano. Quell’anno era dedicato alle malattie mentali.Alla fine del Convegno una cosa mi ha molto colpito. Era arrivato il Papa abenedire e a concludere i lavori e c’era il Cardinale responsabile del Convegno chedoveva relazionare al Papa sulle conclusioni dei lavori. Il Cardinale aveva la suabella relazione scritta, battuta a macchina. L’ha messa da parte e ha detto: “Santità,non voglio leggere questa relazione. Mi permetta di dirle, col cuore in mano, unacosa molto semplice. Io penso che duemila anni di Cristianesimo non ci hanno ancorainsegnato a stare con i malati mentali”.Questa cosa mi ha colpito molto, perché veniva da un ‘non addetto ai lavori’,perché era detta in italiano e non in gerghi scientifici e perché coglieva un problemache, fra l’altro, proprio in quel periodo, i colleghi del Servizio stavano cercandodi mettere a fuoco. Si stava costruendo la rete tra i volontari, le parrocchie, le varierisorse del territorio e uno dei miei colleghi aveva detto: “È vero, noi riusciamo amettere i pazienti di nuovo in piedi e in grado di camminare, ma poi, il problemagrosso è che non hanno più spazio per muoversi. Noi restituiamo loro delle funzioniche non riescono più a spendere perché manca lo spazio relazionale”.A Chivasso mi hanno sgridato, perché prima ho lanciato il sasso per venire aTrento e poi ho ritirato la mano. Non ho organizzato, non ho coordinato la partecipazionedei gruppi. È vero che non ho coordinato, perché sono pigro, perché me nesono un po’ fregato, ma è anche vero che questi gruppi si siano auto organizzati,hanno preparato le loro cose, hanno prenotato. Anche se le macchine stamattina risentivanomolto delle provenienze, perché c’era una macchina USL, c’era unamacchina delle cooperative, una macchina dei genitori, credo che questo, da partenostra, sia stato il primo tentativo di costruire uno spazio comune per camminare,un modo di stare insieme.Adesso cedo la parola ad Evelina che porta una relazione dei gruppi appartamento,che sono una novità recentissima a Chivasso, e per recentissima intendo diredue anni. Prima la nostra residenzialità era sparsa in giro per il Piemonte in istituti,in case di accoglienza istituzionalizzate, in case di riposo. Credo che sia partitanon soltanto una via di uscita da questi luoghi, ma anche un’esperienza relazionale.Ci stiamo ancora lavorando sopra.32

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