ROBERTO PEZZANODipartimento di Salute mentale, CataniaAbbiamo toccato il punto di vista dei familiari. Io sono un operatore che daanni lavora con i familiari e vorrei sottolineare una cosa. Ho sempre stimolato lapossibilità che i familiari si potessero confrontare in un’ottica di auto aiuto. Nonsolo per quello che succede nell’incontro, ma anche e a volte soprattutto per quelloche succede dopo, fuori, quando i familiari si vedono, si incontrano, quando nonsono più “anonimi” nel territorio, quando sei a passeggio per le vie e incontri l’altrafamiglia che ha un problema, e ci si può riconoscere, ci si può salutare.Voi familiari immaginate meglio di me come questo è molto importante.Spesso i familiari si sentono soli, si sentono angosciati, vivono il loro dramma dasoli in casa. Il potersi incontrare, anche per strada, è una cosa estremamente importante.Per quanto riguarda la mia esperienza, le nostre famiglie, all’inizio, quandoarrivavano ai gruppi, si guardavano un po’ in cagnesco. Poi, col tempo, era semprepiù facile vederli, prima della riunione, che già parlavano tra di loro, si raccontavanole loro cose, discutevano al di là dell’operatore. E ci ha fatto molto piacere“scoprire” che i familiari, senza averlo chiesto al Dipartimento, si riuniscono perconto loro, si vedono per conto loro, si aiutano per conto loro. Io ho esperienza dapochi giorni che alcuni familiari vanno a trovare altri familiari, specie se in casa c’èil ragazzo che sta male. Allora c’è quasi una processione di famiglie che vanno atrovare il ragazzo che sta male. Anche se il ragazzo non vuole vederli, l’importanteè andare là a salutarlo, poi, magari, il resto viene dopo.Questo, secondo me è un circolo virtuoso che sicuramente dà delle risposte,delle soluzioni al di là degli operatori, al di là del Dipartimento di salute mentale.Innesca dei meccanismi di cambiamento, ci fa vedere le situazioni in maniera diversa.Quando i familiari arrivano al Dipartimento sono scoraggiati, sono veramentegiù.Mettersi insieme e dirsi i propri disagi non è sempre facile, però quando succede,è un meccanismo che ci ritorna sicuramente con dei dati positivi. Questa, secondome, è una pratica che va valorizzata.Io dico sempre: “Costruiamo insieme il percorso, sicuramente arriveremo aqualcosa, sicuramente sarà più facile arrivare tranquilli al dopo…”. Quindi, vediamociinsieme, costruiamo insieme i percorsi che servono a trasformare la realtà difficileche viviamo oggi.ANNA LOMBARDOAssociazione “Punto di Partenza”, Bagheria, PalermoNon so se sarò capace di parlare, perché questa cosa mi fa tanto emozionare. Èla prima volta che parlo in pubblico. A Bagheria tanti anni fa abbiamo iniziato conun gruppo di familiari. Ci sono state tante difficoltà e spesso alla fine mi ritrovavoda sola. Adesso sono cinque anni che io faccio parte di questo gruppo. Può succe-47
dere che ci troviamo in pochi ma ci troviamo! E poi da quando c’è l’Associazioneho creato tanti di quei collegamenti fra noi familiari!Per far sì che i familiari vengano a trovarmi organizzo una festa per il compleannodi Rino. Invito un gruppo folkloristico, è un’occasione di incontro bellissimae vengono cinque, sei familiari con i loro figli, i ragazzi che non stanno bene equelli ”sani”. Lì creiamo veramente un bel clima, e lo ripeto due, tre volte l’anno. Equesto fa sì che, con questi incontri, ci si allarga. E questa è davvero una bellissimaesperienza.Io vi devo dire che Rino è un ragazzo psicotico grave. È stato quattro volte ricoveratocon ricoveri coatti e vi assicuro che sono terribili. Adesso è da tre anniche, grazie alla mia insistenza, una scommessa che ho fatto con me stessa, vadofuori Palermo per fare il gruppo di sostegno alle famiglie. E questo mi ha fatto tantobene, mi ha fatto crescere e riesco a trasmettere tante cose alla mia famiglia e acoinvolgerla. Prima avevano delegato tutto a me come mamma e come persona piùdisponibile per aiutare mio figlio. Io ho quattro figli e nessuno di loro si è mai volutointeressare. Ma questo - voglio dire - è comprensibile. Se c’è una persona disponibilein famiglia, che lo faccia. Poi verrà il tempo che, forse, lo faranno ancheloro.Come dicevo, Rino è stato ricoverato quattro volte con ricoveri bruttissimi, èstato legato e gli hanno lasciato dei brutti segni. Da quattro anni non ha avuto piùricoveri, grazie forse anche alle famiglie che mi hanno aiutato, le Cooperative chelo hanno inserito nel mondo del lavoro, hanno cominciato a dargli fiducia. Certo,dobbiamo insistere, lavorare insieme, perché queste, soprattutto le Cooperative, leborse lavoro, siano sempre più... scusatemi, mi manca la parola…Quando parlo di Rino dico: “Sembra miracolato!”. Rino è un ragazzo che èautonomo: si gestisce da solo, va dal medico da solo, si fa la terapia da solo, sta attentoquando finiscono i farmaci, prende gli appuntamenti col medico. Ditemi voise una persona del genere non è miracolata! Però, se non siamo prima noi familiariad accettare i nostri figli con questo problema ed essere noi a trasmettere questa serenità,i nostri figli non staranno mai bene, perché hanno bisogno proprio della serenitàall’interno della famiglia e la famiglia deve accettare questo loro problema.Io non mi voglio dilungare troppo, perché sono troppo emozionata e non sopiù parlare….. Scusate!48
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