arrivare all’ascolto dell’altro, a guardare negli occhi - come dice Devinas - questovolto che porta su di sé i segni della morte e che dice. “Tu non mi devi uccidere”.Oggi il mondo si trova davanti a questa alternativa: o cambia sostanzialmente,o finisce, perché ormai si è raggiunto il termine di questa società che si dice cristiana,che è partita dicendosi cristiana e si è così profondamente allontanata da Cristo.I sacerdoti piangono, perché le Chiese si svuotano, ma c’è una cosa molto piùprofonda. Il mondo non è più cristiano, non perché non va in chiesa. Non è cristianoperché ha voltato le spalle all’altro, ha voltato le spalle al povero, proprio aquello al quale Gesù è andato incontro. Gesù non è venuto per costruire Chiese.Quando è andato nel tempio di Gerusalemme, c’è andato sempre per attaccar briga,per condannare e piangendo, dall’alto della collina, ha detto: “Su questo tempionon resterà pietra su pietra”. Gesù è venuto per andare incontro al dolore umano,all’uomo concreto, non alle pietre del tempio, all’uomo concreto che soffre e che èspogliato della vita, è andato incontro a quest’uomo. E noi abbiamo voltato le spalleproprio a questo. Innamorati dei prodigi dei miracoli, delle acrobazie che puòcompiere la ragione, quando ha gli strumenti della tecnica nelle sue mani. Che ciimporta se il progresso tecnico è pagato con migliaia di persone. Che ci importa deipoveri, che ci importa del grido degli oppressi, importante è che la tecnica camminiper il suo cammino, vada avanti nel suo progresso.Avete mai pensato che la storia di queste torri, di cui l’America era orgogliosa,ripete la storia di un’altra torre? Nella Bibbia si parla di una torre che è finitamale, come le due Torri di New York, la Torre di Babele. L’uomo ha pensato chequesta Torre rappresentava la sua potenza, la sua onnipotenza, che poteva gareggiarecon Dio: “Di Dio non abbiamo bisogno, perché ormai abbiamo rapito il suopotere, ormai non abbiamo limiti, quindi, che c’entra Dio! Dio è un’ipotesi di cuinon abbiamo più bisogno assolutamente”.Noi andiamo in cerca di quali sono le ragioni storiche, quali sono le causeimmediate e queste ci confondono un po’, ma ci avete mai pensato che la finedrammatica di queste Torri profeticamente è un simbolo dell’altra Torre, di cui ciparla la Bibbia, che è finita male. E allora l’orgoglio degli americani è profondamenteferito e già hanno annunciato che sorgeranno altre Torri uguali, ancora piùpotenti, ancora più perfezionate. Però è venuto il momento in cui fra le macerie diqueste Torri bisogna cercare qualche cosa che ancora non è stato trovato: le paroleritrovate.Le parole ritrovate sono lì, sotto le macerie di queste Torri di New York. E sapetequali sono le parole che sono sepolte lì dentro e che bisogna trovare assolutamente,?“Caino, che ne hai fatto di tuo fratello?”. Finché non si ritroveranno frale macerie delle Torri e finché non si troveranno in questa nostra civiltà che sta franando,finché non ritroviamo queste parole: “Caino, che ne hai fatto di tuo fratello?”.Io avevo scritto al Papa, ma la mia lettera è sparita, certamente. Avevo scrittoche il Giubileo doveva essere una Chiesa vuota di S. Pietro e un altoparlante cheripetesse ai pellegrini alternativamente questa parola: “Caino, che ne hai fatto dituo fratello?”. È una parola crudele, che ti strazia dentro e non bisogna risponderecome Caino, perché egli risponde come un uomo di oggi: “Che ho a che fare, io,con mio fratello?”. E finché non troviamo la risposta giusta: “Sono responsabile di85
mio fratello. Sono responsabile e assumo la responsabilità di mio fratello” il mondonon può cambiare. Sotto le macerie delle Torri bisogna trovare queste parole e soffriredentro di noi quest’accusa: “Che ne hai fatto di tuo fratello?”. Vai a vedere inAfrica, vai a vedere nell’America Latina, vai negli slum, vai nelle favelas e lì ti risponderanno,lì vedrai che cosa ne hai fatto di tuo fratello, lì lo vedrai. Bisogna assumersiquesta responsabilità.E allora vorrei finire dicendo che tutte le forme di solidarietà, di unione, tuttele forme che ci aiutano ad andare incontro ai nostri fratelli, ad assumere la responsabilitàdei nostri fratelli, tutte queste forme contengono una speranza. Il mondonon muore, il mondo non muore finché ci sono dei cuori che palpitano, finché cisono dei cristiani o degli uomini che ascoltano questa voce di Dio e non rispondonosuperbamente. “Non ho nulla a che fare con mio fratello” ma, in ginocchio e conumiltà dicono “Sono responsabile di mio fratello. E assumerò questa responsabilitàfino a dare la vita per lui”.RENZO DE STEFANIServizio di salute mentale, TrentoGrazie Arturo per le emozioni che ci hai dato. Ce lo dicono i tanti occhi in salache si sono inumiditi. Abbiamo capito che nel tuo discorso, un discorso di grandissimospessore, di grandissima suggestione per il futuro, l’altro di cui ci hai parlato,è l’altro che soffre, ma è anche l’altro che siamo noi ed in questa reciprocità, inquesto fare assieme, come lo chiamiamo noi, sta il futuro di tutti noi. Un futuro checi interroga, ci chiama, ci ricorda tutte le nostre responsabilità.Credo che ci ricorderemo a lungo di aver avuto l’opportunità di ascoltare letue parole. L’applauso caldo e lungo che ha segnato il tuo discorso credo sia la testimonianzadi quanto ci hai arricchito. Arturo ci hai detto cose dure, per certi versiterribili. Ma ci hai fatto anche capire che la speranza di un futuro migliore c’è e chequesta dipende anzitutto da noi uomini di grande buona volontà.Grazie ancora, Arturo, di quello che ci hai regalato.ROSA CURIGLIANOCentro di Salute Mentale, Martina Franca, TarantoBuongiorno, sono Rosa Curigliano. Sono psicologa e da 21 anni lavoro nelcampo della salute mentale e precisamente nel Centro di Salute Mentale di MartinaFranca, in provincia di Taranto. Siamo molto contenti di essere stati invitati qui aportarvi la nostra esperienza.Martina è una cittadina con una bellissima posizione geografica ed una bellissimastoria. La sua posizione geografica la pone in una zona collinare a 400 metrisul livello del mare ed è a 20 minuti dal Mar Ionio ed altrettanto dal Mare Adriatico.86
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