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LE PAROLE RITROVATE

Convegno nazionale di Trento 2001 - Le Parole Ritrovate

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MICHELA CAMPIGLIAAssociazione “Diapsi”, Chivasso, TorinoBuonasera. Io rappresento un’associazione di familiari, di volontari e di socisostenitori quelli - diciamo così - che sono sensibili al disagio mentale.Faccio una doverosa, anche se brevissima, presentazione della nostra associazione.La “Diapsigra” nacque a Roma nell’ottanta, dopo la riforma della Legge180, poi si espanse in tutto il territorio nazionale ed è nata nella nostra realtà chivassesenel 1997. Vi leggo brevemente - anche se sarà un po’ noioso, ma cercheròdi essere il più breve possibile - gli scopi statutari della nostra associazione.I principali obiettivi li dividiamo per le famiglie, per gli utenti e per l’opinionepubblica in questa maniera. Ci attiviamo per informare e sensibilizzare l’opinionepubblica sul disagio psichico. Ci facciamo intermediari tra le famiglie e le strutturedei servizi sanitari e sociali per la promozione della sensibilizzazione dell’opinionepubblica. Facciamo dei convegni, cerchiamo di sensibilizzare i mass media con lanostra voce. Per gli utenti formiamo dei corsi per gruppi di volontari e siamo moltoorgogliosi di aver visto questo spettacolo - tra l’altro, a mio parere, molto toccante- dove hanno partecipato anche i nostri volontari e quindi c’è stata una fusionecompleta tra volontari, operatori ed utenti per cui è stata un’esperienza molto bellache ha fatto crescere un po’ tutti.Abbiamo intervistato un pochino tutti quanti, sia gli utenti che i familiari el’opinione pubblica perché devono sostenere la nostra associazione e coloro chesono affetti dal disagio. Le risposte sono le seguenti: per rompere il muro del silenzioe dell’emarginazione; per non essere soli nei momenti più critici; per sfatare esfidare lo stigma culturale che grava sulla malattia mentale; per dare l’opportunità achi ne è colpito a curarsi e recuperarsi come persona; per superare la vergogna,perché preclude la cura ed il recupero sociale della persona; per confrontarci escambiarci delle esperienze. È un atto di coraggio; è un no alla segregazione fra lemura domestiche; è la forza ed il coraggio di tirare fuori gli scheletri dall’armadio;è una sfida all’indifferenza, al pregiudizio e alla disinformazione. Questo è un po’ciò che fa la nostra associazione a livello nazionale. Ovviamente ogni realtà territorialela vive alla sua maniera a seconda della realtà del territorio.La nostra è stata un’esperienza d’impatto, alla fine del 1997, perché c’era proprioun muro di gomma, ma non solo da noi, penso fosse così anche a livello nazionale.A nostro giudizio , in quel tempo c’era una psichiatria classica dove c’erail malato ed il medico con il camice bianco, per cui già parlare con il medico diventavaun’impresa; pretendere che il medico andasse a fare una visita domiciliare erauna vera impresa. Quindi noi, familiari ed utenti, eravamo veramente molto, mamolto arrabbiati e si è creato un clima di conflitto e questo non fa mai crescere,perché c’è una rabbia da ambo le parti. Finalmente c’è stato un cambio di guardiadegli psichiatri. Finalmente cominciavamo a parlare la stessa lingua, ci siamo annusati,ci siamo scontrati, ci siamo sentiti, ci siamo avvicinati e adesso, finalmente,lavoriamo in collaborazione, non solo con le strutture, ma con la rete sociale chesiamo riusciti a costruire insieme. Per cui è diventata per noi una cosa molto importantesensibilizzare l’opinione pubblica. Non è presunzione dire che la nostra zonaè abbastanza sensibilizzata, perché quando sentono la “Diapsi” sanno già che sono142

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