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LE PAROLE RITROVATE

Convegno nazionale di Trento 2001 - Le Parole Ritrovate

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<strong>LE</strong>ONARDO TOMEI“Nuovo abitare”, LivornoPer chi non mi conosce, mi chiamo Leonardo Tomei e lavoro presso il Centrodi salute mentale di Livorno. Ho iniziato a scrivere sul treno, oggi, venendo da Livorno,ed ho finito in albergo. Sono tutte considerazioni, pensieri, riflessioni che hofatto sulle parole, sul significato delle parole, visto che sostanzialmente noi, con lenostre riviste trattiamo con delle parole. Questo è quello che mi è venuto in mente.“Quanto può dirsi, si può dire chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si devetacere”. Questa frase non è mia, ma di Ludwig Wittgenstein, il massimo esponentedella linguistica, filosofo scomparso il secolo scorso ed appartenente al Circolodi Vienna.Può sembrare un’ovvietà ma, se ci pensiamo bene, quante volte parliamo senzasenso, senza conoscere bene l’argomento del quale stiamo trattando o, peggio,per ignoranza (nella accezione latina di non conoscenza) poggiamo le nostre informazionisu dei modelli, degli stereotipi, che ci vengono trasmessi e che vengonoconsiderati come unici, giusti ed universalmente esatti, tali da creare un rapportodicotomico tra aspetti/ambiti positivi e negativi.Le parole, formate dalle lettere, rappresentano uno dei tanti strumenti con iquali il nostro corpo e la nostra mente si possono esprimere. Ciò che ci distinguedal cosiddetto regno animale, è risaputo, è il Logos, una particolare logicità: primadelle parole sta, dunque, il pensiero (al proposito, mi sono chiesto soventemente sei sordomuti, non avendo facoltà di udire né di parlare, avessero la possibilità, la capacitàdi pensare) e, se ci pensate bene, il pensiero è essenzialmente l’immaginelogica dei fatti, da cui un “privilegiamento” ideale del fatto in quanto tale, datosicome tale e la relativa subordinazione ad esso del pensiero. Più precisamente, ilpensiero è linguaggio organizzato secondo una determinata forma: esso è la proposizionemunita di senso.Abbiamo detto che le parole formano il linguaggio, davanti alla realtà esiste,sta dunque il linguaggio. Per capire meglio questa dimensione, proviamo ad immaginareil linguaggio come se fosse costituito da proposizioni molecolari complesseche si possono ridurre a proposizioni atomiche elementari, non ulteriormentescomponibili. Queste ultime proposizioni sono gli enunciati linguistici più semplicidei quali si può predicare il vero e il falso. In linea di massima, le proposizioni a-tomiche sono combinazioni di nomi corrispondenti agli oggetti: il nome significal’oggetto e l’oggetto è il suo significato.Le parole, nel linguaggio quotidiano, raccontano i fatti, il mondo, le cose; o èvero il contrario o, meglio, che il fatto “utilizzi” il linguaggio, le parole, per darsi anoi, per trasmettersi? Vi è quindi, secondo me, un rapporto tendenzialmente problematico,nel senso di dialetticamente dinamico, tra linguaggio e fatto.Questo rapporto può essere anche visto come se il linguaggio fosse raffigurazionee quindi le proposizioni come immagini della realtà in base alle regole delfenomeno della proiezione.Fino a qui abbiamo detto del linguaggio in rapporto al mondo, ai fatti. Abbiamoparlato, se così si può dire, dello strumento e del risultato e dei loro rapporti56

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