Dapprima con le gite e le visite in città e fuori città, in seguito con interesseper le cose del mondo di fuori, del mondo altro, delle politiche sociali, ci siamomolto aperti verso l’esterno. L’interesse per le politiche sociali comincia quando larivista Polis ospitò alcuni nostri articoli sotto la sua testata. Da allora ci siamo occupatidi commercio equo, solidale, delle realtà delle carceri femminili e delle cooperativiche vi lavorano, salute pubblica, strutture psichiatriche, ecc.Spulciando i diciotto numeri di Tribù che abbiamo stampato in questi quattroanni, sorgono interessanti situazioni. Dal numero zero al numero sei siamo usciticon un foglio piegato e stampato in bianco e nero.Dal numero zero al numero tre c’è una gran quantità di brevi e brevissimi articolinon collegati fra loro: si voleva provare sperimentare una tecnica panoramicaed un po’ esaustiva degli argomenti. Una tecnica comprensibile per un giornale aisuoi albori.Numero zero e numero uno: in questi numeri iniziali si dava molto peso ad articolie rubriche di cucina, poesie, massime, disegni nostri, il che non è male, ma cifaceva sentire il giornale un po’ un minestrone di articoletti scollegati. Su questo,forse, sono un po’ troppo severo, ma questi stessi temi hanno ora uno spazio proporzionalmenteridotto e sono più in consonanza gli uni con gli altri.I numeri quattro e cinque sono molto interessanti per vedere argomenti che e-rano in atto a quel tempo nel nostro day hospital: più organizzazione, più laboratori,più disponibilità da parte dell’USL a venire incontro alle esigenze del nostro periodico.Questo avveniva nell’autunno del 1997. In giugno era nato il nostro giornale.Con i numeri nove e dieci c’è un salto di qualità. Già stampiamo parzialmentea colori. La grafica in bianco e nero è ottima e la struttura delle pagine anche. Gliinterventi sono più mirati e correlabili. I numeri dall’uno al quindici sono tutti a colorie si intuisce che anche la produzione e l’impaginazione del materiale ha subìtouna svolta decisiva.Dal numero quindici al sedici c’è stata una lunga lacuna di tempo per motivitecnici. Il materiale si accumulava e non era possibile stamparlo. Ne nacquero lunghissimediscussioni molto animate, in questo periodo di buio.Col numero sedici riprendemmo alla grande; dopo un ulteriore periodo di crisi,adesso abbiamo il numero diciassette, col quale possiamo dire di aver raggiuntouna relativa stabilità e si spera, si auspica, che con ausili tecnici esterni e qualchefinanziamento si possa operare una miglioria della veste grafica, si possa avere unapiù larga visibilità e notorietà con la creazione di un sito internet per La Tribu delBoldù e una velocizzazione della stampa con computer e stampanti più potenti, senon addirittura convenzionandoci con una tipografia. È importante veramente anchequest’ultimo punto per non tornare al periodo buio di cui parlavo, in cui nonvenne stampato niente per quasi un anno. La velocità di stampa impedirà il costiparsidi cumuli di materiale. Per quel che riguarda il lavoro in redazione, tutto procedeottimamente.59
DIBATTITOFRANCESCA PRESTINILa “Gazzetta del Tronchetto”, PaviaBuona sera, mi chiamo Francesca Prestini, sono una poetessa e sono qui comeutente e non come collaboratrice. Faccio parte del Centro Diurno di Pavia e comeprima cosa vorrei sottoporre una mia piccola impressione riguardo al logo del Co.Ri. Sa.Me, quel sole, per capire. A mio avviso quel metà sole è sbagliato. Il metàsole va benissimo, è quella mezza parte che manca che non va bene. Secondo mebisognerebbe mettere la metà alla base e fare il cerchio . Allora ha un significato. Ilsole va bene a metà. Ma quella metà a sinistra che manca, è come se mancassequalcosa. Non rientra in un fattore psicologico, ma sembra che sia carente di qualcosa.Mentre, invece, avendo una base, ha un’altra struttura e la prima immagine èquella che conta.Inoltre vorrei rispondere a Leonardo Tomei che ha parlato adesso. Volevo appuntoseguire il suo discorso sulle parole. Dal mio punto di vista, il fatto porta alleparole. Le parole bisogna ritrovarle nel senso che bisogna ritrovare delle parolenuove, perché le parole che ci sono non sono sufficienti ad esprimere quello chec’è da esprimere. Bisogna dare alle parole dei nuovi significati. Una parola comefallo - come lei ha affermato - può avere due significati. Non sono d’accordo, perchépuò avere anche il significato di uno che ha sbagliato ed ha fatto un fallo, oltreche i due che aveva citato lei. Siccome io sono una matematica, ho studiato permolti anni matematica e per questa mi sono trovata in contrasto con la società chemi riteneva dissociata, perché avevo idee contrarie a quelle che sono il comunegergo quotidiano e non ero in grado di esporre le mie teorie perché mi mancavano,appunto, le parole. Ora ho ritrovato le parole e sono in grado di esprimere tutto connuove parole. Quando volete, sarò pronta.FRANCA IZZO“Nuovo abitare”, LivornoScusate se ritorno un’altra volta sul simbolo che ha proposto Romano. Lo vedreimeglio girato nell’altro verso, e vi dico anche il perché. Siccome noi scriviamoda sinistra verso destra e, dal lato oscuro della mia mente che non ho ancora scopertoper finire di raggiungere - diciamo - la salute, direi di capovolgerlo. In questomodo, scrivendo da destra, io comincio ad avere la luce ed ho ancora una parte dascoprire. Così lo vedo meglio.60
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