facciamo” e le “Finalità”. Di questo ha parlato molto bene Cecilia. Allora io vi leggoun attimo. “Chi siamo”. “Siamo un gruppo di utenti, operatori e volontari interessatiad affrontare i problemi della salute mentale e delle sue interconnessioninella vita di tutti i giorni”. Quindi non siamo un qualcosa di separato, non siamoaltro, siamo dentro.Ancora: “Seguiamo la formula dell’auto aiuto perché punta a far emergere le potenzialitàpositive di ognuno mediante il coinvolgimento personale e la condivisionedelle esperienze vissute”. In questo crediamo, perché lo abbiamo visto e lo tocchiamocon mano. Sempre.Ancora: “Lottiamo per contrastare l’isolamento, la sfiducia, l’emarginazione in cuitroppo spesso si trova chi soffre di disturbi psichici”. Alzi la mano chi non ha sperimentatoquesto, fosse anche con un minimo di depressione.Cosa facciamo? In pratica ci organizziamo in gruppi. Sono gruppi di condivisionee di partecipazione. Non hanno nessuna finalità terapeutica e riabilitativa. Equesto, secondo me, è molto importante, perché nel momento in cui - lo abbiamosperimentato - ci fissiamo sulla riabilitazione, perdiamo il resto. Allora abbiamovisto che è molto più utile puntare sulla condivisione e sulla partecipazione, perchéil resto, quale che sia, arriva da solo.Dicevo che ci organizziamo per gruppi. Leggo un attimo. Abbiamo la riunionesettimanale, il “Gruppo tempo libero”, il “Gruppo tirami su”, il “Gruppo stretching,il “Gruppo fai da te”, il “Gruppo problemi lavorativi”, il “Gruppo stiro”, il “Gruppocomputer”, il “Gruppo le nostre voci”, il “Gruppo domenica in”, il “Gruppo inglese”,il “Gruppo segreteria”. Oltre a tutto questo abbiamo un lavoro di rete, perchéteniamo contatti con altri gruppi locali, come ci ha detto Cecilia. Questo è moltoimportante, perché altrimenti diverremo cellule avulse da un contesto. Poi abbiamola partecipazione ad incontri, convegni ed iniziative sulla salute mentale e sulla salutein generale, perché siamo convinti che il problema della salute mentale è unproblema di salute generale, e viceversa.E poi il pieghevole dice: “...e molto altro ancora”. Cos’è questo “molto altroancora?”. Allora diciamo che praticamente è stato organizzato un gruppo “Corpo emovimento”. Quindi all’interno di questo progetto, di questa finalità di educazionealla salute, abbiamo formulato e partecipato ad un corso per educazione alimentare.E tutti noi sappiamo quanto sia importante il discorso dell’alimentazione anche aifini dell’igiene mentale, perché le due cose, ancora una volta, non appartengono acampi diversi. Oltre a questo, anche l’importanza del movimento, ben sapendo cheuna delle prime espressioni delle forme depressive e delle forme ansiose è quella disedersi là e di non muoversi più. Quindi, conseguente allargamento di dimensioni econseguente rapida caduta dell’autostima. Allora, corso sull’autostima. Le cose,come vedete, si concatenano. Non è che sono pensate prima, vengono una dopol’altra a seconda dei bisogni; man mano che si presenta la proposta, noi l’attuiamo.L’ultima nata, a livello di attività, è la biodanza, sulla quale mi sentirei dispendere semplicemente una parola. Io partecipo a questo gruppo a livello personale,ma mi piace sapere anche tutto ciò che accade, e devo dire che è un’attività moltobella, è un’attività altamente liberante e contemporaneamente contenuta. Nonvoglio fare la pubblicità alla biodanza, però la trovo, come forma espressiva, unaforma liberante, perché se c’è un qualcosa che in qualche modo ci ostacola, a livel-95
lo di persone nel gruppo, è la tensione, o il cumulo di tensione che naturalmente sistabilisce all’interno della persona e all’interno della famiglia. Io credo che tutti, inqualche modo, abbiamo sperimentato questo, quindi la necessità di liberarsi, di lasciareandare delle tensioni per far spazio ad altro. E questo, secondo me, è la formulavincente sulla quale vale la pena di puntare, perché solo se facciamo spazioad altro, abbiamo posto per il nuovo o per qualcos’altro. Emerge, quindi, anchequella peculiarità della persona che noi non conoscevamo e che non potremo maiconoscere se la rinchiudiamo in qualche posto.A questo punto qualche parola per il gruppo “Domenica in”. Questo gruppo ènato da un familiare, una persona molto depressa che, insieme ad altri, ha scopertoche un grosso problema è l’organizzazione del tempo libero, delle feste, della domenica,dei giorni quando, nell’inverno, non si sa dove andare, non si sa cosa fare.Queste persone si sono organizzate, mettono a disposizione i mezzi di trasporto,condividono le spese e finora, sinceramente, sono andate a fare delle visite e delleescursioni in giro. A questo gruppo mi sono aggregata anch’io e ci ho guadagnatoveramente molto. Abbiamo visitato il castello di Soave, siamo andati a Recoaro; aVicenza abbiamo visitato il Teatro Olimpico e Palazzo Chiericanti, e mi fermo qua.Sembra una cosa sciocca: andate a Vicenza, andate a visitare il Teatro, oppure ilPalazzo Chiericanti. Ma sembra che queste persone - come tutti quanti noi - hannomostrato un interesse grandissimo in questo. Aiutare queste persone a riprenderecontatto con la propria cultura, sapere e conoscere anche le loro origini, dove affondanole loro radici, scoprire che sono figli di quella cultura, significa anche agirea livello di autostima. Quindi anche questo aiuta moltissimo. Poi, oltre a tuttoquesto, abbiamo fatto feste, incontri, scambi più o meno quotidiani, divertentissimi,ecc.Cos’altro posso dire? Il gruppo “Tirami su” - l’ha detto anche Cecilia - è ungruppo nato per mettere insieme, per condividere, per cercare di venir fuori, trovareun po’ di soluzioni concrete, pratiche, al problema della depressione. Poi c’è ilgruppo che coordino io, che è un laboratorio, ma non riabilitativo, perché i nostrigruppi sono semplicemente fatti di condivisione e di partecipazione. Noi stiamosemplicemente insieme. Chi sa fare qualcosa la fa, chi non la sa fare può stare senzafar niente, possiamo berci un caffè insieme, possiamo raccontarci i nostri guai,se qualcuno vuole imparare qualcosa di nuovo ha la possibilità di poterlo fare e, allafine di tutto questo, abbiamo il nostro banchetto che ci aiuta a raggranellare unpo’ di soldi, specialmente a Natale o in altre feste, perché ci autofinanziamo. Manon è quella la finalità principale, perché questa è incontrare la gente e dire che cisiamo. Dire che è possibile incontrarsi in maniera diversa e su piani diversi.Io credo che questo sia il nostro messaggio di “Porte aperte”. Sono porte che,tutto sommato, non hanno un cardine fisso, hanno delle molle e possono muoversisia all’interno che all’esterno, dove ognuno è libero di uscire, ma anche pronto adessere accolto. Quindi, nel rispetto dell’individualità e della libertà di ognuno, finorastiamo andando avanti e noi portiamo semplicemente la nostra esperienza.In sintesi, vorrei dire che noi siamo passati - e questo era il titolo di un convegnoche si è tenuto a Valdagno - “Dalla cura della malattia mentale alla cura dellasalute mentale”. È un passaggio molto importante, perché prendersi cura della salutementale significa cominciare a farsi carico anche in prima persona di determinate96
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