Adesso si pone però anche la necessità di ricostruire e conservare la storia diqueste riviste, in gran parte clandestine, non registrate, piene di bizzarrie grafiche,logiche e semantiche, non una rivolta programmatica, ma una rivoluzione involontaria.Consapevole dell’importanza della rivoluzione in atto nei servizi psichiatrici,il “Centro Studi e Ricerche della ASL Roma E” si è reso disponibile ad accoglierepresso la “Biblioteca Cencelli” l’“Archivio delle Riviste degli Utenti dei Servizi diSalute Mentale” allestito dal Dipartimento di salute mentale della ASL Roma A econtinuamente arricchito da nuovi contatti ed invii. Il Centro Studi, oltre a curare la“Biblioteca Cencelli”, è attualmente impegnato nell’archiviazione di tutto il materialeclinico ed amministrativo trovato alla chiusura dell’Ospedale Psichiatrico“Santa Maria della Pietà” ed ha allestito un museo che racconta la storia dell’exmanicomio di Roma, nella cui sede il Centro si trova.Il Centro Studi ha in programma una serie di attività volte a valorizzarel’Archivio e le riviste, tra cui una rassegna stampa periodica delle riviste che arrivanoal centro, al fine di mantenere un aggiornamento su quanto avviene nei variservizi di salute mentale italiani, nell’ottica particolare, però, degli utenti di queiservizi.Il Centro Studi e Ricerche della ASL Roma E sarà lieto di fornire o ricevereinformazioni sulle riviste e l’Archivio è a disposizione per la consultazione.CARMINE PEPECentro di Salute mentale, Palazzo Boldù, VeneziaL’esperienza di Palazzo Boldù il prossimo anno compie venti anni dalla chiusuradel manicomio di S. Clemente. Qualcuno di voi lo saprà, S. Clemente èun’isola dove praticamente una volta c’era una sede permanente manicomiale cherisale addirittura all’epoca napoleonica. Nel tempo ha subito molti mutamenti poi,con la 180, è stato chiuso e si sono aperti dei servizi territoriali. Uno di questi è ilCentro di Salute Mentale.La nostra struttura ha una particolarità, cioè, all’interno dello stesso stabile,c’è anche il Centro diurno, il quale è suddiviso in due piani. In una parte si svolgonole attività socio educative e riabilitative e nell’altra c’è una sede di tipo più assistenziale,ma con risvolti anche di tipo sociologici, rivolta ad un’utenza molto anziana.Perché c’è stata questa differenziazione? Forse è bene che vi spieghi la situazioneanche demografica di Venezia. Venezia è una città che, secondo gli ultimidati ISTAT, ha una popolazione di circa 62.000 abitanti. Una città piccola. Rispettoa questa popolazione la nostra utenza è di circa 1200, 1300 utenti che frequentanogli ambulatori oppure il Centro diurno. Di questi, la maggior parte sono anzianiperché provengono dalla vecchia esperienza del S. Clemente. Quasi tutti, ormai,sono residenti in Residenze Sanitarie Assistenziali.129
Noi dovevamo dare una risposta a queste persone che, uscendo dal S. Clemente,dovevano integrarsi nel territorio. Questa cosa ha avuto degli enormi sviluppi eanche un grande dispendio di risorse. Queste risorse, purtroppo, col tempo, hannoprovocato anche una forma di burn out negli operatori che ha portato ad una stasiche in questo momento è in fase di modifica, nel senso che stiamo rivedendo i mutamentiche ci sono stati in questi anni.Prima di tutto il fatto che, appunto, molti di questi utenti sono anziani e, anchese risiedono in Residenze Sanitarie Assistenziali, la nostra collaborazione c’è sempre.Poi anche perché qui le risposte sono diverse da quelle precedenti e perché sistavano presentando delle nuove patologie, soprattutto nell’utenza più giovane, checertamente erano molto differenti da quelle che si conoscevano prima. Per cui iservizi che fino ad adesso noi proponevamo nel territorio non rispondono sufficientementea questo tipo di problematiche.Per cui io, in questo momento, come educatore che svolgo attività da due anni,mi sono trovato in difficoltà nel dare una risposta a queste nuove realtà, per cui,come operatori, stiamo cercando in questo momento, di vedere come diversificarequesto tipo di risposta. Ci sono anche dei problemi che riguardano il fattore territorioe questo problema territoriale è anche uno dei malesseri che si vive all’internodell’organizzazione e non solo, ma anche l’isolamento che vivono gli stessi utenti.Tenete presente che la maggior parte degli utenti più giovani che presentanoproblemi psichiatrici sono - guarda caso - quelli delle isole, cioè, praticamente,quelli che hanno il problema del collegamento verso il centro. Voi pensate che, unoche abita a Murano, per venire al centro storico di Venezia, se tutto va bene, ci impiegamezz’ora e anche più; se c’è nebbia, diventa anche un’impresa. Per cuil’isolamento dell’isola provoca, oltretutto, anche un isolamento da parte della rispostache dobbiamo dare noi come operatori del territorio.Questo, purtroppo, è uno dei problemi che stiamo cercando di risolvere conl’aiuto ed il sostegno dell’assessorato alle politiche sociali del Comune di Veneziache si integra molto con il nostro tipo di operato, per garantire quantomeno nel territorio,quindi con l’assistenza domiciliare e con il volontariato, una morfologia diattività territoriali per poter dare delle risposte a questi utenti che, altrimenti, starebberorinchiusi nelle quattro mura. Tengo a precisare che in queste realtà territorialicosì sparse, la maggior parte delle patologie è la depressione. per cui lascio avoi immaginare qual è la realtà che queste persone vivono su queste isole.In questo campo, ultimamente, io mi sto attivando per una promozione da fareinsieme a delle associazioni soprattutto giovanili, anche perché fino ad ora la rispostadata dai servizi sociali è sempre stata rivolta agli anziani, proprio per il discorsoche facevo prima, cioè l’alto tasso di popolazione anziana che si aggira intorno al50% e forse anche più, mentre per quanto riguarda la risposta da dare ai giovani c’èpoco.Allora, proprio con i giovani, stiamo cercando con le poche associazioni giovanili,di creare un tessuto di rete anche locale, nelle isole, per promuovere delleattività che variano dal teatro, alla musica, allo sport e questa cosa sta partendo dalCentro diurno, però è destinata ad aprirsi anche nelle realtà territoriali. Ad esempio,siamo già partiti con l’esperienza, che io chiamo ‘Pilota’, che è quella di utilizzareuna sala che prima era praticamente abbandonata dal servizio della ASL 12 vene-130
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