do di riviste chiuse ciascuna nel proprio servizio di appartenenza, scritte dagli utentidi un centro diurno, e lette solo da loro, o magari da qualche familiare.Adesso sembra che le cose comincino ad andare in maniera diversa, le rivistedei vari centri si mantengono in contatto tra loro, vengono spedite in tutta Italia;molte contengono una pagina con gli indirizzi degli altri periodici ai quali inviareuna copia del proprio giornalino. Questa possibilità di confronto ha contribuito amigliorare la qualità grafica ed anche i contenuti di alcune delle nostre riviste.È molto importante conservare la documentazione di questa storia, che adessoè recente, è raggiungibile, ma in futuro, se non ci pensiamo adesso, sarà assai difficileandare a trovare il numero zero di questo o quel periodico.Siccome le riviste inviate sono diventate tante, di recente la sede dell’archivio èstata spostata in una sede più idonea, la “Biblioteca Cencelli del Centro Studi e Ricerchedella ASL Roma E”. L’archivio è aperto al pubblico, chiunque può consultare i nostriperiodici. Sarebbe bene se adesso i giornali venissero inviati direttamente al seguenteindirizzo: “Biblioteca Cencelli” - Centro Studi e Ricerche della ASL Roma E -Piazza Santa Maria della Pietà n. 5, tel. 0668352925 - 00135 RomaAbbiamo intenzione di organizzare una rassegna stampa mensile delle varieriviste che arrivano alla biblioteca, e mandare poi a tutti, periodicamente, una notainformativa.Questo dunque non è un coordinamento, però è un “censimento”. Penso cheprima dobbiamo conoscerci. Coordinarci è un passo successivo.Grazie per l’attenzione.ROMANO TURRI“Liberalamente”, TrentoRingrazio Marta per ciò che ci ha detto e per tutto il lavoro che sta facendo perl’archivio delle nostre riviste.Mentre ascoltavo le sue parole mi veniva da pensare a questo: se noi siamo quiriuniti in questo nostro, chiamiamolo incontro, in quale veste ci siamo? Marta ciparlava di censimento. Se noi facciamo un censimento, occorre una segreteria. Masegreteria di che cosa? Quindi viene spontaneo chiederci: “Che cosa siamo noi?Associazione? Coordinamento? Gruppo?”.Queste sono domande alle quali voi darete una risposta in fase dibattimentale.A questo punto, come da programma, cedo la parola a Leonardo Tomei.55
<strong>LE</strong>ONARDO TOMEI“Nuovo abitare”, LivornoPer chi non mi conosce, mi chiamo Leonardo Tomei e lavoro presso il Centrodi salute mentale di Livorno. Ho iniziato a scrivere sul treno, oggi, venendo da Livorno,ed ho finito in albergo. Sono tutte considerazioni, pensieri, riflessioni che hofatto sulle parole, sul significato delle parole, visto che sostanzialmente noi, con lenostre riviste trattiamo con delle parole. Questo è quello che mi è venuto in mente.“Quanto può dirsi, si può dire chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si devetacere”. Questa frase non è mia, ma di Ludwig Wittgenstein, il massimo esponentedella linguistica, filosofo scomparso il secolo scorso ed appartenente al Circolodi Vienna.Può sembrare un’ovvietà ma, se ci pensiamo bene, quante volte parliamo senzasenso, senza conoscere bene l’argomento del quale stiamo trattando o, peggio,per ignoranza (nella accezione latina di non conoscenza) poggiamo le nostre informazionisu dei modelli, degli stereotipi, che ci vengono trasmessi e che vengonoconsiderati come unici, giusti ed universalmente esatti, tali da creare un rapportodicotomico tra aspetti/ambiti positivi e negativi.Le parole, formate dalle lettere, rappresentano uno dei tanti strumenti con iquali il nostro corpo e la nostra mente si possono esprimere. Ciò che ci distinguedal cosiddetto regno animale, è risaputo, è il Logos, una particolare logicità: primadelle parole sta, dunque, il pensiero (al proposito, mi sono chiesto soventemente sei sordomuti, non avendo facoltà di udire né di parlare, avessero la possibilità, la capacitàdi pensare) e, se ci pensate bene, il pensiero è essenzialmente l’immaginelogica dei fatti, da cui un “privilegiamento” ideale del fatto in quanto tale, datosicome tale e la relativa subordinazione ad esso del pensiero. Più precisamente, ilpensiero è linguaggio organizzato secondo una determinata forma: esso è la proposizionemunita di senso.Abbiamo detto che le parole formano il linguaggio, davanti alla realtà esiste,sta dunque il linguaggio. Per capire meglio questa dimensione, proviamo ad immaginareil linguaggio come se fosse costituito da proposizioni molecolari complesseche si possono ridurre a proposizioni atomiche elementari, non ulteriormentescomponibili. Queste ultime proposizioni sono gli enunciati linguistici più semplicidei quali si può predicare il vero e il falso. In linea di massima, le proposizioni a-tomiche sono combinazioni di nomi corrispondenti agli oggetti: il nome significal’oggetto e l’oggetto è il suo significato.Le parole, nel linguaggio quotidiano, raccontano i fatti, il mondo, le cose; o èvero il contrario o, meglio, che il fatto “utilizzi” il linguaggio, le parole, per darsi anoi, per trasmettersi? Vi è quindi, secondo me, un rapporto tendenzialmente problematico,nel senso di dialetticamente dinamico, tra linguaggio e fatto.Questo rapporto può essere anche visto come se il linguaggio fosse raffigurazionee quindi le proposizioni come immagini della realtà in base alle regole delfenomeno della proiezione.Fino a qui abbiamo detto del linguaggio in rapporto al mondo, ai fatti. Abbiamoparlato, se così si può dire, dello strumento e del risultato e dei loro rapporti56
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