Piero Vassallo “La restaurazione della filosofia ... - Maconi, Antonio
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La Scienza Nuova indica l’unica via alternativa all’esito nichilistico <strong>della</strong> modernità:<br />
rigettare la psicologia dell’uomo disorientato e corrotto come base <strong>della</strong> scienza politica del<br />
futuro. Rifiutare la falsa bontà, l’appiccicosa mistura di anarchia e naturalismo, grondante<br />
dalle ferite aperte dai modernisti nel corpo <strong>della</strong> cultura cristiana. Ribellarsi al conformismo,<br />
“anche se l’uomo contemporaneo è disorientato ed anche se stiamo vivendo di fatto in una<br />
società nella quale i tratti caratteristici dell’amor sui sono predominanti, non è una buona<br />
ragione per perdere la testa ed adottare una nuova antropologia filosofica che eriga a<br />
norma una malattia dello spirito” 173 .<br />
Voegelin sottolinea la causa <strong>della</strong> superiorità di Vico nei confronti dei filosofi<br />
progressisti, che condussero il suo pensiero fuori dal seminato o lo criticarono “per non aver<br />
esplicitamente tratto le debite condizioni dalla sua concezione <strong>della</strong> storia riguardo<br />
all’eterno ricorre dei corsi - mentre il merito di Vico sta proprio nel buon senso con cui<br />
evita la trappola dell’eterno ricorrere, e si limita ai corsi empiricamente osservabili,<br />
lasciando aperta la questione dei corsi futuri” 174 .<br />
E’ qui, nella coscienza del limite, che s’incontra quella pietà del pensiero inutilmente<br />
rivendicata dall’albagia heideggeriana. Vico aveva piantato la scure alla radice delle<br />
filosofie devianti, liberando l’antropologia filosofica dalle astrazioni solipsistiche e<br />
dimostrando la verità dell’azione <strong>della</strong> Provvidenza nella storia.<br />
Il pensiero vichiano muove dalla confutazione del metodo cartesiano, secondo il quale “la<br />
ragione è un principio creativo indipendente” per attingere “quella linea di senso che viene<br />
disegnata nella storia dal dito di Dio” 175 . Il factum <strong>della</strong> storia umana dipende dal verum<br />
<strong>della</strong> Provvidenza.<br />
In questa prospettiva è esclusa la possibilità dell’escursione nelle fantasticherie intorno<br />
all’assoluto che si fa attraverso il processo storico e, ultimamente, la parodia del pensiero<br />
debole, che, immaginata la catastrofe <strong>della</strong> storia, si risolve al dualismo estremo, allo<br />
sdoppiamento <strong>della</strong> coscienza.<br />
La migliore conferma alle tesi vichiane è data dal desolante spettacolo offerto<br />
dall’ideologia nella fase funeraria: il mito del paradiso in terra, si scompone nelle antinomie<br />
neoreligiose, la bontà e la legge (hobbesianamente intesa), la mitezza e l’orrore, lo scialo e<br />
l’anoressia, l’immaginazione e il potere, la natura e la tecnica, la preghiera e il delirio.<br />
L’estenuata realtà del XVIII secolo, nelle parole di Vico, è la figura del nostro tempo: “Il<br />
mondo fluttua od ondeggia tra le tempeste mosse ai costumi umani dal caso di Epicuro, o è<br />
inchiodato e fisso alla necessità del Cartesio; e così, o abbandonandosi alla cieca fortuna o<br />
lasciandosi strascinare dalla sorda necessità, poco se non pur nulla si cura con gli sforzi<br />
invitti di un’elezion ragionevole di regolare l’una o di schivare, e dove non si possa, almeno<br />
di schivare l’altra” 176 .<br />
La radicalità <strong>della</strong> regressione, che Vico aveva letto nei miti di fondazione <strong>della</strong> modernità,<br />
fa <strong>della</strong> scienza nuova un solido argine, che impedisce la tracimazione dell’ideologia nella<br />
pseudomistica, dove, afferma Voegelin, le tesi dello storicismo anticristiano “sono applicate<br />
non solo al Verbo che si è fatto carne, ma anche alla carne, che disperatamente vuol farsi<br />
Verbo”.<br />
173 Op. cit., pag. 64.<br />
174 Op. cit., pag. 33.<br />
175 Op. cit., pag. 89<br />
176 Lettera all’Abate Esperti in Roma, 1726.<br />
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