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Piero Vassallo “La restaurazione della filosofia ... - Maconi, Antonio

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il pensiero rosminiano converge con il criticismo: “In Rosmini il sentire e il<br />

conoscere, il sentimento fondamentale (che afferra l’essere ideale) si presentano<br />

come due tronconi separati che richiamano l’opposizione che hanno in Kant<br />

l’esperienza e il pensiero: di qui la loro comune concezione del conoscere come<br />

giudicare, ossia per Rosmini sintesi dell’idea dell’essere possibile intuito col<br />

sentimento” 203 .<br />

Naturalmente Fabro non cede alla tentazione del giudizio parziale e sommario;<br />

poco più avanti, dopo aver sottolineato l’impazienza e il disprezzo che Rosmini<br />

tradisce quando scrive dei filosofi tedeschi, rammenta che Rosmini segnalò la grave<br />

incongruenza del criticismo kantiano, la pretesa di negare per un verso ed affermare<br />

per l’altro l’autorità <strong>della</strong> ragione, e cita un testo risolutivo: “Non può esserci nulla<br />

di mezzo tra il conoscere la verità e il non conoscerla ... [quindi] contrapporre<br />

all’incapacità, cioè negare ogni valore alla ragione teoretica, la validità <strong>della</strong><br />

ragion pratica è manifesta contraddizione” 204 .<br />

Certo è che Rosmini, che dichiarò il fermo rifiuto di Aristotele in un ampio saggio,<br />

nel primo volume del Nuovo Saggio sull’origine delle idee, nega che la via<br />

dell’astrazione sia l’unica percorribile dalla mente umana e spiega che “per<br />

osservare l’idea comune e generale che si afferma contenersi nelle nostre idee<br />

particolari, bisogna supporre che in esse idee particolari ella già si contenga ... la<br />

via dunque dell’astrazione non vale punto a spiegare il modo onde noi ci formiamo<br />

le idee comuni e generali, come si è creduto da certe scuole di filosofi” 205 .<br />

In san Tommaso, all’opposto del formalismo rosminiano, non ci sono a priori<br />

quanto al contenuto oggettivo: “è l’intelletto, in quanto facoltà spirituale e lume<br />

partecipato da Dio, che dall’esperienza di presenza dello ens si eleva ai princìpi<br />

supremi del conoscere e dell’agire” 206 . Con ragione, dunque, i neotomisti italiani<br />

(Serafino Sordi e, in seguito, Amato Masnovo), affermavamo che “Manifestamente,<br />

in questa teoria, l’innatismo compare ammodernato sotto l’influsso di Kant” 207 .<br />

Analogo ma più decisa la risposta di Fabro: “Niente affatto, si risponde con S.<br />

Tommaso: la mente umana non intuisce affatto l’essere nella sua purità, in Dio, ma<br />

apprende anzitutto l’ens come concretum in sensibilibus e nella riflessione lo risolve<br />

nei suoi princìpi intrinseci (essentia et esse, substantia et accidentia, materia et<br />

forma per le realtà materiali) ed estrinseci (l’agire e il fine) 208 .<br />

Il contrasto appare dunque insanabile: da una parte Rosmini, che unifica<br />

nell’oggetto sensibilità e intelletto, dall’altra san Tommaso, che, in sintonia con<br />

l’aristotelismo migliore, “afferma per l’intelletto la necessità, affermata da<br />

203<br />

Id., id., pag. 245-246.<br />

204<br />

Id., id., pag. 378.<br />

205<br />

Citato da Amato Masnovo, in “Il neotomismo in Italia”, Società Vita e Pensiero, Milano 1925, pag.<br />

144.<br />

206<br />

“L’enigma Rosmini”, op. cit., pag. 246..<br />

207<br />

“Il neotomismo in Italia”, op. cit., pag. 146.<br />

208<br />

“L’enigma Rosmini”, op. cit., pag. 251-252.<br />

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