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Piero Vassallo “La restaurazione della filosofia ... - Maconi, Antonio

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l’apprezzamento e l’adozione, da parte dei restauratori <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, delle sue<br />

geniali intuizioni e delle sue audaci strategie 168 .<br />

Rosmini, nella “Filosofia del diritto”, riprendendo un acuto giudizio di Vico su<br />

Gassendi, aveva coniato una memorabile sentenza: “[nei secoli di crisi spirituale] il<br />

pensiero languente perdersi agevolmente nel sofisma e nella frivolezza, si fa<br />

connivente ai sensi: sono i secoli lassi, leggeri effeminati, corrotti, ne’ quali le<br />

nazioni precipitano, l’umanità dà di se stessa un tristo spettacolo”.<br />

Con un secolo d’anticipo sui due padri fondatori del postmoderno, Alexandre<br />

Kojève e Georges Bataille, Rosmini vide l’indirizzo del pensiero hegeliano al<br />

disfacimento <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> occidentale, mediante l’introduzione inavvertita del<br />

concetto di Avidyâ, tratto dai canoni buddistici 169 .<br />

Il suo eccezionale acume riconobbe immediatamente il vizio fondamentale del<br />

ragionamento hegeliano, la presunzione di oltrepassare il criticismo kantiano,<br />

risolvendo la dicotomia noumeno-fenomeno, mediante l’affermazione che “nelle<br />

stesse forme logiche dovea essere contenuta anche la materia del sapere” 170 .<br />

Da questa tesi discende inevitabilmente la convinzione che le cose non oggetto del<br />

pensiero umano non hanno l’essere e, in ultima analisi, che “l’essere puro e il puro<br />

niente è lo stesso”.<br />

Posto tale assioma la logica svanisce: da scienza del corretto ragionamento si<br />

trasforma in pura magia e, violando sistematicamente il principio di non<br />

contraddizione, consuma la ragione nell’impegno titanico a mostrare “che nel<br />

pensiero [nell’Io assoluto] si contiene ogni cosa, e forma e materia, e l’universo e<br />

Dio stesso”. Su questa linea, Hegel avanza a tal punto da sostenere che “il mondo è<br />

un elemento dell’Io”, vale a dire che “nessun fenomeno ha sostanza propria e vera,<br />

tutto è concetto dello spirito”.<br />

A differenza dei filosofi suoi contemporanei, Rosmini era un profondo<br />

conoscitore delle filosofie orientali, quindi non ebbe difficoltà a comprendere una<br />

verità, che gli studiosi hanno preso in considerazione soltanto nella seconda metà del<br />

XIX secolo: la convergenza puntuale dell’idealismo soggettivistico hegeliano (il<br />

mondo è un elemento dell’Io) e di quello buddista (il mondo è soltanto<br />

un’illusione) 171 .<br />

168 La contestazione delle tesi rosminiane ebbe inizio in Francia nel 1843, quando un gesuita olandese,<br />

padre Roothaan, fece pubblicare un libello fortemente critico <strong>della</strong> persona e dell’opera del roveretano.<br />

169 “Teosofia”, III, 822<br />

170 Bruno Perazzoli ha dimostrato che, nella conversione intellettuale di Sciacca la lettura rosminiana fu<br />

determinante. Ora c’è una dichiarazione di Sciacca che smentisce la leggenda di Rosmini kantiano:<br />

“Rosmini prese di petto il pensiero moderno e soprattutto la critica kantiana e dalle sue esigenze fece<br />

scaturire l’oggettività e il realismo <strong>della</strong> verità. Per questo io debbo al Rosmini la liberazione da Kant<br />

e dall’idealismo trascendentale, pur continuando a pensare da moderno, anzi da modernissimo”. Cfr.<br />

AA. VV., “Michele Federico Sciacca e la <strong>filosofia</strong> oggi, Firenze, Olschhki, 1996, vol. I, pag. 364.<br />

171 Al riguardo cfr.: Michel Hulin, “Hegel et l’Orient”, J. Vrin, Parigi 1979. In appendice al volume<br />

sono riportati alcuni illuminanti saggi hegeliani, purtroppo raramente frequentati dai lettori di cose<br />

filosofiche. In essi Hegel annuncia giubilando che “nelle Upanishad il dualismo divinità-creatura<br />

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