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Piero Vassallo “La restaurazione della filosofia ... - Maconi, Antonio

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ciascuno uno sviluppo e un avanzamento dell’altro, di una stessa metafisica. Per il<br />

resto non multum autem refert” 198 .<br />

Secondo Sciacca, Agostino, Tommaso e Rosmini dovettero fronteggiare tre<br />

diverse sfide, lanciate dalla cultura del loro tempo. Agostino, che visse nell’età<br />

dell’egemonia platonica, utilizzò quello che del platonismo era compatibile con la<br />

fede per elaborare la sua dottrina del lumen intellettuale. Tommaso, che dovette<br />

confrontarsi con l’aristotelismo arabo del XIII secolo, lo riformò adattandolo alle<br />

esigenze del credo cristiano.<br />

“Rosmini, conclude Sciacca, a sua volta, si trova di fronte al pensiero moderno<br />

da Cartesio ad Hegel e a una cultura che ne è impregnata e, nell’essenziale, in netta<br />

contrapposizione alla fede cattolica e allo stesso concetto classico di <strong>filosofia</strong> in<br />

quanto nega in toto la metafisica dell’essere. ... Egli fa lo sforzo poderoso di<br />

appropriare alla cultura cristiana quanto <strong>della</strong> moderna è compatibile con la<br />

Rivelazione; perciò non solo il suo modo d’intendere il lumen, pur ispirandosi a<br />

Agostino e a Tommaso è diverso ma è nuova la forma dialettica in cui egli ripensa<br />

Padri e Dottori” 199 .<br />

All’interpretazione di Sciacca si sono opposti i più autorevoli studiosi di san<br />

Tommaso. Ad esempio Sofia Vanni Rovighi, pur non citandola espressamente, ne<br />

contesta la premessa, ricordando che “San Tommaso dice chiaramente che la sua<br />

teoria – che egli ritiene sia quella di Aristotele – non è quella di Agostino”. E di<br />

seguito precisa: “Non mi sembra che a Tommaso sia indifferente seguire l’una o<br />

l’altra via, sebbene l’autorità di Agostino fosse grandissima”.<br />

Sofia Vanni Rovighi può dunque definire la differenza sostanziale che corre tra la<br />

teoria agostiniana e quella tomistica: <strong>“La</strong> prima spiega la conoscenza delle verità<br />

necessarie, la seconda spiega la formazione dei concetti universali; si pone,<br />

diremmo a monte <strong>della</strong> conoscenza delle verità necessarie, poiché la proposizione<br />

universale e necessaria è quella che ha come soggetto logico un concetto<br />

universale; proposizioni universali sono quelle che attribuiscono un predicato non a<br />

questo o a quell’individuo, né a una quidditas espressa da un concetto universale”<br />

200 .<br />

Inflessibile ma esemplarmente documentata, la critica di Cornelio Fabro, che<br />

contestando l’interpretazione rosminiana del tomismo ne indica tutte le<br />

incongruenze e le ambiguità. Dopo aver elencato gli imbarazzanti elogi indirizzati<br />

alla <strong>filosofia</strong> di Rosmini dai neoidealisti italiani, Bertrando Spaventa e Giovanni<br />

Gentile 201 , Fabro dichiara l’intenzione di dimostrare che in Tommaso e Rosmini i<br />

princìpi sono diametralmente opposti 202 . E per prima cosa indica il punto nel quale<br />

198 Id., id., pag. 77.<br />

199 Ibidem.<br />

200 Cfr. “Introduzione a san Tommaso”, Laterza, Bari 1973, pag. 106.<br />

201 Cfr.: “L’enigma Rosmini”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1988, pag. 248: Fabro dimostra<br />

che, su Rosmini, Spaventa ha esagerato ma non inventato.<br />

202 Id., id., pag. 250.<br />

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