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Piero Vassallo “La restaurazione della filosofia ... - Maconi, Antonio

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Di conseguenza Rosmini fu il primo a prevedere lucidamente la discesa <strong>della</strong><br />

<strong>filosofia</strong> moderna nell’irrealismo e nel nichilismo: la convinzione che gli oggetti<br />

reali, per esistere veramente, dovrebbero cessare di essere se stessi e confondersi in<br />

quel nulla, che è, propriamente, la causa prima secondo Hegel.<br />

Nel vuoto dell’idealismo, infatti, la <strong>filosofia</strong> si è ridotta, come ha insegnato<br />

audacemente Simone Weil, alla mistica decreazionistica dei catari. Dopo la<br />

denuncia di Rosmini, è dunque lecito affermare che, posto il simbolo <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong><br />

hegeliana nella cenere prodotta dall’ekpyrosis, la decreazione s’innalza verso lo zero<br />

assoluto.<br />

L’autentica eredità del moderno è l’alchimia come scienza <strong>della</strong> dissoluzione.<br />

Questi brevi cenni sono sufficienti a legittimare la tesi sull’appartenenza del<br />

pensiero rosminiano al filone <strong>della</strong> polemica cattolica contro il nichilismo 172 .<br />

A Rosmini compete anche il merito di un ingente (e mai apprezzato<br />

adeguatamente) contributo alla demistificazione dell’utopia comunistica. Ora il mito<br />

del comunismo primordiale, che attizzò la fantasticheria giacobina e romantica, ebbe<br />

origine dalle infantili leggende, diffuse in Europa dopo la scoperta dell’America e<br />

diventate oggetto di riflessione filosofica tra la seconda metà del XVII e i primi<br />

decenni del XVIII secolo. Il solitario genio di Vico intuì che in quelle leggende si<br />

trovava un’esplosiva miscela di fatalismo stoico e casualismo epicureo, prodotta<br />

dalla decomposizione <strong>della</strong> metafisica classica per opera <strong>della</strong> scolastica cartesiana e<br />

di quella hobbesiana.<br />

Primo fra i restauratori <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> italiana, Giambattista Vico si rese conto<br />

che, per contrastare l’apostasia moderna, era necessario mostrare la fragilità delle<br />

opinioni sulle cosmogonie catastrofiche e sui miti aurei, che ispiravano lo stoicismo<br />

e l’epicureismo. Per effetto del fideismo imperversante, le difese immunitarie delle<br />

scolastiche europee si erano pericolosamente abbassate davanti alla suggestione<br />

mitologica, trasformando le accademie in ricettacoli delle fiabe pseudo-scientifiche<br />

di Francesco Bacone. A dimostrazione dell’egemonia mitologica nelle scuole<br />

marcianti sulla via modernorum, Vico esibiva la dipendenza <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> politica<br />

di Grozio dalle favole erudite, vale a dire da una fonte “circa il principio del tempo<br />

istorico che, per la barbarie, appo tutte le nazioni, è troppo vestito di favole” 173 . Di<br />

conseguenza, Vico concepì il disegno di un’opera monumentale, la “Scienza<br />

nuova”, nella quale la corretta interpretazione del mito costituisce la prova<br />

esiste solo per il soggetto pensante” e che “si contempla la caduta dell’Uno nella moltitudine degli dèi<br />

e il ritorno di questo mondo splendido nell’Uno vuoto e opaco”.<br />

172 A questo proposito è opportuno rammentare che il più aspro giudizio su Rosmini [“interamente<br />

sordo alla storia e alla politica”] l'ha formulato Benedetto Croce, un pensatore neo-hegeliano, alla cui<br />

base, [afferma Michele Federico Sciacca], sta uno scetticismo radicale.<br />

173 “Princìpi di una scienza nuova”, [1725], l. IV, “Ragione delle prove che stabiliscono questa<br />

scienza”.<br />

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