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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

I miei pensieri acquistavano immediatamente una lucidità spaventosa; il ragionamento diventò<br />

preciso, freddo, tagliente come una lama. La lotta col demone cominciava? Dopo un periodo di<br />

sgomento, la mia decisione parve irrevocabile.<br />

Mi trovavo nelle migliori condizioni per liberare la donna che amavo senza alcun rischio, lasciando a<br />

un accidente il suo libero corso.<br />

Un altro medico era lì a giustificare il mio operato. E se la sua diagnosi fosse stata giusta e la mia<br />

sbagliata? Con una vile condiscenza, arrivavo a legittimare l’errore del mio collega, e a dubitare delle<br />

mie capacità professionali, di cui pure ero tanto orgoglioso. Di fronte al malato, con un cinismo<br />

terribile, in un attimo che parve durasse un’eternità, mi rappresentai mentalmente quello che sarebbe<br />

avvenuto in quella casa se il demone avesse definitivamente vinto.<br />

Di lì a un’ora al massimo quell’uomo sarebbe morto. Intorno vi sarebbe stato un grande scompiglio, la<br />

signora avrebbe pianto, io l’avrei confortata rubandole fra le lacrime qualche carezza. Poi lei avrebbe<br />

vestito il lutto che l’avrebbe resa straordinariamente più bella e più interessante, e io le avrei ancora<br />

una volta, presentate le mie profferte d’amore. E l’avrei fatta mia.<br />

Questi pensieri mi davano un’ebbrezza frenetica, una specie di gioia selvaggia, simile forse a quella<br />

degli animali da preda in agguato.<br />

Il malato ansimava, il medico curante, col suo sguardo da miope intellettuale guardava un po’ me un<br />

po’ quello, e attendeva che io mi pronunziassi. Io rimanevo impassibile, la mia lingua pareva attaccata<br />

al palato, gli occhi giravano inquieti sotto il riflesso molesto della lampadina elettrica, che pareva<br />

illuminare agli altri i miei torbidi pensieri.<br />

- Ebbene, professore – mi chiese la signora venendomi più vicina e avviluppandomi tutto col suo<br />

profumo – è proprio tanto grave? Non possiamo tentare nulla?<br />

Con una voce, che non mi parve neppure la mia, risposi:<br />

- Sì signora, è grave, se la natura non aiuta…<br />

Ad un tratto il malato ansimando si levò in mezzo al letto e chiamò la moglie.<br />

- Lina, mi sento proprio morire… portami qui la bambina… voglio vederla.<br />

- Oh, Dio, Dio! Fece la signora, e uscì singhiozzando per rientrare subito dopo con la sua piccola in<br />

braccio. Disturbata dal sonno la bimba frignava, stropicciandosi con le manine gli occhi ancora chiusi.<br />

Quando la vide entrare abbiosciata sulle braccia materne, rosea come un fiore tutta avvolta in una<br />

camiciola di batista azzurra spumosa di trine, un senso violento di liberazione parve spalancarmi il<br />

petto. Non resistetti all’orrore dei miei pensieri.<br />

- Allontanate la bimba – dissi in tono perentorio e, portatemi immediatamente una catinella di acqua,<br />

dell’alcool e del cotone idrofilo.<br />

La signora arretrò, stringendosi la bimba sul petto il medico curante incerto, disorientato, mi<br />

domandò:<br />

- Che cosa facciamo, professore?<br />

Io ero tanto turbato che non gli diedi neppure risposta.<br />

- Subito una catinella!<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (102 di 114) [03/09/2002 19.26.03]

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