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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
L’impiegato rientrò.<br />
- Non viene più, disse Veccia tra sé, guardando la collana di lumi che ardevano lungo il viale, oltre la<br />
capitaneria; quando udì il tic-tac di un passo affrettato sotto la tettoia, e tra la mole nerastra di una<br />
locomotiva, ed un enorme cubo di sacchi di zolfo accatastati sul molo, vide sbucare una silhouette<br />
femminile. Era lei.<br />
Nannina si avvicinò rapidamente alla paranza e chiamò a bassa voce: "Veccia!".<br />
- Nannina, fece il marinaio, mettendosi ai piedi della tavola. Ti aspettavo.<br />
- Mi aspettavi?, disse la ragazza; e quando fu nella barca domandò subito: hai preparati i polipi?<br />
- Sì, andiamo.<br />
Scesero nel ventre della paranza. Veccia aveva preparato sopra un asse la sua tavola, con tutta la cura<br />
un po’ goffa che mettono gli uomini nelle bisogne donnesche. Aveva stesa su l’asse una tovaglia, e<br />
sulla tovaglia aveva posti dei piatti di creta smaltata, a piccoli fiorellini verdi, un bicchiere, un fiasco<br />
di vino e delle forchette di ferro. Vi si avvertiva, con l’odore di acre salsedine caratteristico delle stive,<br />
un odor di cucina, in cui predominava il sentore dell’aglio ed un acuto profumo di serpillo.<br />
Si sedettero allegri, e poiché Veccia ebbe scodellato il cotto, un intenso odore vinse quello della<br />
salsedine, ed eccitò l’appetito. Mangiarono ambedue sorridendosi come due amici, chiacchierando e<br />
commentando la bontà della pietanza. Veccia mesceva il vino, ed offriva il bicchiere colmo a<br />
Nannina.<br />
- Tu non bevi?<br />
- No... a me fa male; bevi tu.<br />
Nannina mangiò e bevve con voracità, allegra, lanciando dei frizzi a Veccia che le stava davanti un<br />
po’ cupo, oppresso dal desiderio. Finita la cena risalirono in coperta. Nannina aveva la faccia accesa<br />
per calore della stiva e per il vino tracannato, e si sentiva un po’ annebbiata la testa.<br />
- Vuoi una fetta di anguria?, chiese Veccia.<br />
- Sì, disse la ragazza, andiamo a mangiarla insieme.<br />
Salirono sul molo, passarono davanti la stazione, ed uscirono sul piazzale, davanti la capitaneria. In un<br />
angolo, sopra una tavola stava ritto un uomo in maniche di camicia e alle sue spalle, sotto una specie<br />
di tenda, si levava un grosso mucchio di angurie. Vicino al lume vi era una tagliata a metà, rossa come<br />
un sorbetto di fragola. Veccia chiese due fette, e ne porse una a Nannina, che ne addentò golosamente<br />
la polpa succosa.<br />
Dopo averla mangiata, ripassarono il pontile e si avviarono lungo il molo. Girarono intorno al faro, e<br />
si andarono a sedere sopra uno di quei massi di calcestruzzo che guardavano verso la costa siciliana.<br />
Messina ardeva nella sua triplice fila di lumi, in un alone di chiarori, fino a Ganzirri; più là altri lumi<br />
segnavano altri centri abitati. Sulle Madonie, tagliate come una linea turchina, immateriale nel cielo<br />
verdognolo, ardevano delle grosse stelle rare.<br />
Dal largo veniva un suono diffuso di correnti, ed una brezza refrigerante.<br />
Nannina si sedette, come imbambolata, vicino a Veccia che le diceva delle parole smozzicate.<br />
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