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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

prese la rincorsa, e si lanciò a capo basso, contro uno dei pilastri di pietra che circondavano il portico,<br />

battendo la testa come un ariete.<br />

Trasportata a casa tutta sanguinante, priva di sensi, la infelice innamorata stette alcune settimane tra la<br />

vita e la morte. Il nonno che la adorava e non sapeva che pesci pigliare, e la nonna piagnucolava,<br />

raccomandandosi perché si trovasse una via di uscita in quella intricata questione di cuore. E la<br />

soluzione venne improvvisamente ed inaspettata, quale era da attendersi da un carattere originale<br />

come quello della zia Chiarina. Appena si fu rimessa dalle ferite il nonno la prese con le buone, si<br />

dimostrò disposto ad accontentarla, e le chiese quale fosse il suo desiderio più urgente.<br />

- Vedere lui – disse la zia Chiarina risoluta – ho bisogno di chiarire una cosa.<br />

Immediatamente fu disposto che il figlio del fattore, si recasse a Santa Colomba per visitarla.<br />

Ella si alzava già, e lo ricevette sdraiata sopra una poltrona a braccioli.<br />

Era pallidissima, emaciata, colla testa fasciata da un foulard di seta verde, e le gambe da un damasco<br />

cremisino. Il colloquio si svolse alla presenza del nonno e fu brevissimo.<br />

La zia chiese al giovane se aveva ricevuta la sua lettera e perché non si era fatto trovare quella tale<br />

mattina davanti alla chiesa del convento.<br />

Quello, fortemente turbato, commise la enorme sciocchezza di dire la verità: non era andato perché<br />

temeva un inganno. Credeva che la zia Chiarina avesse scritto quella lettera sotto la minaccia dei<br />

fratelli, che volevano tendergli un tranello ed infliggergli magari una solenne bastonatura.<br />

Ah! – disse la zia Chiarina, fulminandolo coi suoi begli occhi neri, - tu mi hai creduta capace di<br />

questo, sia pure per debolezza? – Stette un istante pensierosa a capo basso: le piccole mani pallide le<br />

tremavano sul damasco cremisino. Poi si rivolse al nonno: "Papà – disse – mandate via questo lacchè;<br />

non ho più niente da dirgli".<br />

IL GIOGO<br />

L’agonia durava ormai da tre giorni. Pareva che il vecchio si battesse con la morte come Giacobbe<br />

con l’angelo di Dio e non volesse cedere.<br />

Nei primi due giorni aveva ancora parlato, vaneggiava chiamando i familiari, chiedeva degli arnesi di<br />

lavoro, sillabava pronostici sul tempo e sul raccolto.<br />

Le sue mani brulle e nocchiute, che già stringevano i pollici nel palmo, come fanno gli agonizzanti, a<br />

volte si contraevano nel gesto di quando afferravano la stiva, e il malato, con un borbottio reso<br />

incomprensibile dal rantolo ripeteva: Oh… Massà oh… Livanè.<br />

Nel suo delirio credeva ancora di arare e incitava i buoi. Ma quando venne l’alba del terzo giorno non<br />

parlò più.<br />

Supino nella capanna, sul letto di ginestre, dove lo aveva colto la febbre polmonare, ansimava. La<br />

capanna era di un solo vano, senza finestra.<br />

La luce entrava dalla porta e di tra le tegole del tetto; dal quale scendevano obliquamente liste sottili e<br />

polverose di sole, che vibrano nell’aria come corde percosse.<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (54 di 114) [03/09/2002 19.26.02]

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