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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
Egli era assorto, impassibile, e le sue mani si tendevano verso quelle delle sue alunne, come quelle di<br />
un sacerdote che dona la pace.<br />
L’unica delle ragazze che credeva di avvertire qualche cosa di speciale in quei contatti era la signorina<br />
Nella Dores, colei che era un po’ la guida del giovane cieco.<br />
Era una cosa dolcissima. Ora che era venuta la primavera e che gli esami si avvicinavano, le lezioni<br />
del professore Fiorini diventavano sempre più nutrite e interessanti, e le interrogazioni delle alunne<br />
più frequenti. La signorina Dores quando veniva chiamata a recitare la lezione, aveva l’impressione di<br />
andare ad un convegno amoroso. Arrivava davanti al professore, saliva sullo zoccolo della cattedra e<br />
accostandosi a lui fino a toccarlo, tendeva le mani.<br />
Quello le prendeva nelle sue e il dialogo muto incominciava.<br />
Il tempo era tiepido, dai grandi finestroni esposti al levante il sole stendeva sul pavimento dei<br />
rettangoli di luce color miele; fuori, sulle gronde e sugli alberi garrivano i passeri. La recitazione<br />
aveva delle vibrazioni di canto.<br />
"Piango e le dico, come ho potuto, dolce mio bene, partir da te".<br />
"Piange e mi dice d’un cenno muto: come hai potuto?".<br />
Le mani morbide e calde del giovane professore stringevano le sue e pareva risuonassero come di<br />
metallo alle sue parole. Il suo viso assorto, rivolto verso la luce, con le labbra semiaperte, i grossi<br />
occhiali neri che nascondevano gli occhi, aveva un’espressione di dolcezza indefinibile.<br />
In mancanza dello specchio, degli occhi, pareva che il bel volto giovanile di lei si riflettesse sulla<br />
pallida fronte dell’insegnante.<br />
Poiché le mani della signorina Dores, presa da una soave inquietudine, si muovevano, il professore le<br />
stringeva e le attirava a sé; e allora la signorina vedeva sotto le vene del collo di lui il sangue pulsare,<br />
con un ritmo più ampio e il respiro diventava sensibile.<br />
Così era venuto il giugno e di settimana in settimana si era arrivati alla fine dell’anno scolastico.<br />
Per l’ultimo giorno di lezione il professore aveva trovato la cattedra ingombra di fiori. Egli li aveva<br />
messi da parte sul tavolo; poi più pallido del solito, col volto stanco, dopo un vago riepilogo della<br />
materia svolta nell’anno, aveva rivolto alle scolare delle raccomandazioni riguardo gli esami: che<br />
fossero coraggiose, che distribuissero bene le ore di lavoro, senza gravare la mente, e soprattutto<br />
badassero a rispondere con franchezza. Poi, come se provasse pena sentirsele lì davanti, sui banchi, le<br />
aveva licenziate venti minuti prima dell’orario.<br />
Le ragazze emozionate, ma più preoccupate dell’esame che d’altro, erano scappate via come uno<br />
stormo di passeri.<br />
La signorina Dores era uscita anche lei, ma nell’atto di scendere l’ultima rampa della scala si arrestò.<br />
Non riusciva ad andarsene senza dire una parola a tu per tu col professore, senza chiarire un po’<br />
qualche cosa intorno a quell’idillio muto che durava da sei mesi.<br />
Fece finta di avere una scarpa slacciata e quando udì allontanarsi giù per il corridoio lo schiamazzo<br />
delle sue compagne, rapida come una rondine risalì le scale rientrò nell’aula. Il professore era solo con<br />
la testa arrovesciata, il viso rivolto verso l’alto, nel gesto vago dei ciechi, le mani sul tavolo accanto ai<br />
fiori, sembrava profondamente assorto.<br />
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