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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
Il mercoledì santo, con un tempo magnifico, si vestì coi suoi abiti migliori, infilò il suo mantello<br />
azzurro col colletto di volpe, si aggiustò sul nasetto affilato le lenti di oro e partì.<br />
Quando scese a Milano davanti alla stazione centrale, ebbe l’impressione che la città l’aspettasse con<br />
gioia, tanto gaio le parve il rullio delle vetture e tanto luminoso il cielo sopra i comignoli delle case.<br />
Egli abitava lì, in quella città; in una casa di Porta Vercellina al primo piano. Erano le dieci e mezzo.<br />
Verso le undici sarebbe andata a trovarlo. Forse egli a quell’ora era nel suo studio a scrivere qualche<br />
bella pagina di romanzo, e forse pensava a lei, alla piccola amica sconosciuta.<br />
La signorina Lisa prese un tram e poco dopo scendeva in piazzale Baracca. La casa dello scrittore era<br />
lì; al numero quattro.<br />
Risoluta si affacciò in portineria e chiese: - È qui che abita lo scrittore Roberto Marozzi?<br />
La portinaia, una donnetta giovane ma brutta, che sfaccendava con uno straccio in mano, rispose<br />
senza guardarla: - Scala in fondo a sinistra, primo piano.<br />
La signorina entrò nel cortile, attraversò un portico col pavimento lucidissimo a mosaico e in fondo<br />
alla scala, vicino all’ascensore, vide un soldato di fanteria, che collocava in un angolo una specie di<br />
carrozzella da infermo.<br />
- Per piacere – chiese la signorina – sapete dirmi dove abita lo scrittore Roberto Marozzi?<br />
Il soldato alzò la testa e la fissò un istante, curioso. Poi riprese: - Accomodatevi, signora, è il mio<br />
capitano. – La signorina Lisa ebbe la impressione che le mancasse la terra sorto i piedi. Il suo ignoto<br />
corrispondente era dunque un ufficiale in attività di servizio? Eh già… se aveva l’attendente. Il cuore<br />
le si disfece nel petto e seguì il soldato come una sonnambula senza rendersi conto di quello che<br />
faceva. Un ufficiale, un uomo sano, giovane, vigoroso! E che cosa avrebbe pensato di lei, di quel suo<br />
gesto temerario e sconsiderato?<br />
Entrarono. L’anticamera era silenziosa come la corsia di un cimitero, tutta la casa era piena di quel<br />
silenzio che vi è negli appartamenti dove non sono né donne né bambini. Le pareti erano piene di<br />
acqueforti e di ritratti inquadrati all’inglese. Le porte a vetri erano tutte chiuse. In fondo, una appariva<br />
più chiara delle altre, dietro le lastre smerigliate.<br />
Il soldato aprì una di quelle porte, introdusse la giovane in un salottino elegantissimo, poi le chiese: -<br />
Chi debbo annunziare, signora?<br />
La maestrina riuscì appena a rispondere con un fil di voce:<br />
- La signorina Lisa Grimaud.<br />
Il soldato uscì e dopo qualche minuto ritornò tutto premuroso: - Prego, signorina, accomodatevi.<br />
La porta più illuminata era aperta a metà. Il soldato l’accompagnò fino all’uscio, la introdusse con un<br />
inchino e richiuse.<br />
Lisa rimase come pietrificata: davanti a lei, sopra una poltrona a braccioli carica di cuscini, era seduto<br />
un uomo sui trentacinque anni. Indossava una giacca di panno violetto coi risvolti grigio-ferro e gli<br />
alamari neri, e attorno alle gambe e fino al petto aveva una grossa coperta di lana cammello a scacchi,<br />
sulla quale spiccavano in modo singolare le sue mani nervose, lunghe e delicate come quelle di una<br />
donna. Il suo viso magro ma energico aveva una espressione di rassegnata amarezza, e gli occhi<br />
bellissimi, pieni di un ardore febbrile, fissavano la visitatrice con ansia e insieme con un senso di<br />
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