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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

spremeva energicamente nell’imbuto la coda fioccosa, poi ricaricava tutto su le spalle e ripigliava la<br />

sua marcia e il suo grido: Ohi… li murghi!…<br />

Ma quando Rafele toccò i cinquant’anni, parve che il figlio delle tenebre avesse acquistato sopra di lui<br />

mano libera come su Giobbe. Il povero mercante di morchia prima perdette la moglie e poi perdette la<br />

vista. Una specie di muco grigio, tenace, fibroso, gli coprì le iride e le pupille, e i suoi occhi, a vederli,<br />

sembravano due acini d’uva schiacciati e rovesciati con la polpa in fuori. Mangia e passa non poté più<br />

andare in giro a comprare la morchia.<br />

Nelle prime settimane fu una cosa atroce. Rafele si sedeva nella sua casupola davanti al focolare, e<br />

piangeva ad alta voce, con una trenodia sconcertante, che faceva rabbrividire tutto il paese. Poi<br />

improvvisamente sospese la sua lamentazione. Al mattino si metteva seduto al sole davanti all’uscio<br />

con un bastone in mezzo alle gambe, gli occhi spenti rivolti verso il vuoto, e rimaneva cosi delle intere<br />

giornate, come se ascoltasse una musica lontana. Sembrava assorto in profondi pensieri e invece non<br />

pensava a nulla. Ascoltava il coro immenso delle voci che passavano nell’aria, e che acquistavano ora<br />

per lui una magica, insospettata risuonanza.<br />

"Caro mio Dio – diceva tra sé – sorpreso e quasi rapito da quella improvvisa rivelazione dei suoi sensi<br />

– quando le vedevo le cose, non avevo mai fatta attenzione alle loro voci; ora, che non le vedo più,<br />

esse pare mi facciano ressa intorno e ciascuna dica la sua!".<br />

Difatti aveva l’impressione che la sua esistenza si immergesse di ora in ora in una nuova, magica<br />

realtà.<br />

Pareva che la sua anima, rimasta fino allora nascosta dietro la cortina tenue della esperienza visibile,<br />

si riversasse ora verso l’esterno e gli affiorasse sui polpastrelli, sui pori della pelle, alla radice dei<br />

capelli, esaltando ed acuendo tutti i suoi sensi superstiti. Era come se nel suo corpo si fossero aperte<br />

miriadi di finestre piccole, e un nuovo Rafele intavolasse un animato discorso con la brulicante realtà<br />

di un nuovo mondo. Tutto gli dava una gioia insospettata.<br />

Com’era seduto davanti all’uscio, allungava la mano: ecco la nepitella, cresciuta tra i sassi e il muro:<br />

ecco il fragile stele le foglie con le loro nervature delicate. Ecco una vespa ch’entra nella casa, con le<br />

gambe lunghe di un giallo d’uovo. Era come se la vedesse: volteggiava intorno al cestone del pane,<br />

poi entrava nel pugno terroso attaccato alla trave. Ecco le pentole appese al muro, che gli parlavano<br />

ora col suono, e per la prima volta assumevano per lui il significato amoroso e protettore di divinità<br />

domestiche. Ecco la coperta di picchè, bianchi a fiorami e ad arabeschi. Egli la palpava a lungo, la<br />

sera quando andava a letto, gli pareva che la sua buona moglie, trasformata in qualche cosa di<br />

indefinibile e di puro, gli porgesse il suo volto trasfigurato, perché egli lo accarezzasse prima di<br />

dormire.<br />

Ma un giorno Rafele fece una constatazione paurosa: in casa le provviste erano completamente finite.<br />

Finito il grano, finiti i pochi legumi che costituivano le sue scorte, e finito anche il gruzzolo che la<br />

moglie, soldo su soldo, aveva messo da parte, e che gli aveva lasciato annodato in un fazzoletto da<br />

testa in fondo alla cassa.<br />

Quel giorno Rafele Chinè rimase chiuso in casa oppresso dalla più crudele disperazione. Per lui ormai<br />

non vi erano che due vie da scegliere: adattarsi a fare il mendicante, o sprangare la porta, distendersi<br />

sul letto e lasciarsi morire di fame. Ora nessuno, per disperato e coraggioso che sia, accetta la morte,<br />

se l’accettazione non viene da un disordine dello spirito; e il suo spirito era candido e ordinato come<br />

un altare. Immerso in quella sua nuova realtà magica, egli sentiva ora più reverenza verso la vita di<br />

quando aveva gli occhi. Non gli rimaneva ormai che adattarsi a stendere la mano, vivere dell’altrui<br />

carità.<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (49 di 114) [03/09/2002 19.26.01]

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