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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
dolce rimprovero.<br />
- Avete voluto conoscermi – le disse tendendole la mano con un sorriso un po’ forzato, - ed ecco che<br />
mi conoscete, ora. Avete distrutto la vostra illusione e un po’ anche la mia. Sedete, prego. Quando<br />
siete arrivata? Oh, che graziosa figliuola siete! Non mi ero dunque ingannato; vi avevo immaginata<br />
così.<br />
La sua voce era calda, semplice e comunicava un’impressione di affabilità. Si vedeva che si sforzava<br />
di apparire disinvolto e contento di quella visita. Per qualche istante la maestrina fu tanto smarrita,<br />
tanto confusa, che non riuscì a dire una parola. Ma subito comprese che a quello smarrimento<br />
bisognava reagire energicamente. Se ella avesse fatto indovinare il suo stato d’animo, la sua dolorosa<br />
sorpresa per aver trovato il suo ignoto corrispondente in quelle condizioni non avrebbe fatto che<br />
amareggiarlo di più. Si fece coraggio.<br />
- Vi chiedo perdono – disse – di avere osato questo senza chiedervi il permesso, ma avevo tanto<br />
desiderio di conoscervi di persona. Volevo anche ringraziarvi della pazienza che avete avuto<br />
rispondendo sempre ad una povera figliuola relegata fuori del mondo. Le vostre lettere e qualche libro<br />
erano la mia sola compagnia in quell’angolo di montagna. Voi non potete immaginare di quanto<br />
conforto siano state per me le vostre parole.<br />
- E le vostre! – fece lui – Anche le vostre sono state per me una cara compagnia. – Poi aggiunse con<br />
un sorriso triste: - Ora che mi avete visto, non mi scriverete più.<br />
E la fissava con gli occhi ansiosi, per leggere in quelli di lei il sentimento che avrebbero suscitato le<br />
sue parole.<br />
La maestrina, sbigottita, da quello sguardo più che dalle parole, protestò energicamente.<br />
- Ma non è assolutamente vero, signore. Io vi scriverò adesso più di prima. Perché non dovrei<br />
scrivervi? Sento che adesso… sì, voglio dire… adesso che vi ho conosciuto… Ma… voi siete un<br />
ufficiale? Il soldato che mi ha introdotta mi ha detto che siete il suo capitano.<br />
- Sono grande mutilato – rispose il giovane con una leggera punta di orgoglio – e siccome sono<br />
ufficiale di carriera, e son solo, mi si concede l’attendente.<br />
La giovane avrebbe voluto dire qualche cosa, ma non riuscì a balbettare nulla, perché la sua gola era<br />
chiusa da un nodo di pianto. Era un senso di pietà e insieme un impeto di tenerezza verso quell’uomo<br />
giovane, bello e intelligente. Oh, perché ella non era la sorella, una parente per potergli stare sempre<br />
vicino, per portare il sorriso soave di una donna intorno a quella vita triste e solitaria? Sentiva che lo<br />
avrebbe curato e carezzato come un bambino, che avrebbe trovato nel suo cuore le più riposte<br />
dolcezze della femminilità, per farlo sorridere ancora un poco alla vita!<br />
Nella stanza tutta tappezzata di scaffali pieni di libri, di quadri e di fotografie si era fatto un grande<br />
silenzio. La signorina non osava parlare, il giovane le guardava intenerito i capelli, il viso bianco e<br />
delicato la cui purezza virginale rendeva in lui più acuto il bisogno di affetto e di rimpianto, e le ciglia<br />
bionde abbassate sugli occhi così dolci e riposanti come il paesaggio di un lago tranquillo.<br />
Per rompere quel silenzio penoso e per il piacere di sentirla parlare, cominciò ad interrogarla sulla vita<br />
che conduceva in montagna, sui suoi scolari, sulla compagnia che aveva lassù. Poi parlarono di libri,<br />
del conforto che egli aveva trovato nell’arte e… sì, anche nella corrispondenza coi suoi lettori.<br />
- Sono state una grande gioia per me le vostre lettere – disse – ed anche di questa visita vi ringrazio.<br />
Ho l’impressione che con voi sia entrata nel mio studio la primavera ed anche un po’ della mia<br />
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