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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

come segno augurale, il majù, il tradizionale ramo di pino e d’alloro che gli innamorati all’inizio del<br />

mese dell’amore depongono, all’alba, davanti al balcone delle loro belle.<br />

Quella notte il paese risuonò tutto di zampogne e di canti: innumerevoli comitive passavano e<br />

ripassavano per le vie. Si fermavano sotto le finestre, cantavano una o due strofette amorose e poi si<br />

allontanavano per riprendere il canto e la danza sotto un altro balcone. Il tintinnio dei tamburelli<br />

lasciava nell’aria notturna come delle scorie d’argento; si accendevano e si spegnevano continuamente<br />

dei lumi, e dei fiori di garofano e dei ramoscelli di origano odoroso volevano dalle finestre nelle vie<br />

come pegni d’amore.<br />

Lisabetta, già ridotta a un’ombra, ascoltava dal letto quelle musiche amorose con una specie di serena<br />

beatitudine. Le idee deliranti l’avevano abbandonata, l’incubo sembrava placato. Ella ragionava ora,<br />

guardava tutti con occhi calmi, pigliava le medicine e sembrava perfino ripresa dalla speranza di<br />

guarire. Quando all’alba entrò nella sua stanza il cugino, portando sulla spalla un ramo di pino e uno<br />

d’alloro fragranti del profumo della montagna, Lisabetta era sopita. Stava distesa supina sopra un<br />

mucchio di cuscini; i suoi capelli castagni, sparpagliati intorno al viso scarno e livido, sembravano<br />

una cosa bella e ricca che non appartenesse più a quel corpo distrutto. Il cugino la guardò con un nodo<br />

in gola e scambiò qualche parola con i suoceri che la vegliavano.<br />

La malata si riscosse ed aprì gli occhi.<br />

"Lisabetta" disse la suocera con un tono accorato, "non vedi chi è venuto a trovarti?".<br />

"Ah" fece Lisabetta con un filo di voce, e si levò a sedere sul letto; "sei tu, Bastiano? Mi hai portato il<br />

majù? Come sono contenta! Avvicinati, fammelo odorare". Bastiano prese i rami profumati e li portò<br />

vicino al letto. La malata tese le mani, strappò alcuni ramoscelli e se li portò alla bocca aspirando<br />

avidamente.<br />

"Che odore di montagna!" disse, e guardò il cugino con dolcezza; "come mi farebbe bene se potessi<br />

venire con te sulla montagna!".<br />

"Ci verrai" rispose il cugino; "non vuoi dunque guarire?".<br />

"Guarire?" fece la malata: "volesse Iddio!" e trasse a sé ancora più vicino i due rami.<br />

In quel punto una fronda di pino toccò appena la immagine della Madonna sul capezzale.<br />

Improvvisamente il ticchettio della raganella risuonò nella stanza rapidissimo, come il rullo di un<br />

minuscolo tamburo.<br />

La malata trasalì, sbarrò gli occhi e fece uno sforzo come per uscire dal letto.<br />

"È lui!" si mise a gridare terrorizzata, e respinse lontano i due rami "è lui… non vuole… non<br />

vuole…".<br />

Annaspò disperatamente con le mani, tentò gridare ancora, poi ricadde sui guanciali con in gola una<br />

specie di singhiozzo, e spirò.<br />

"È andata, figlia benedetta, è andata…" gemette la vecchia suocera passandole una mano<br />

amorosamente sulle palpebre semiaperte "non soffre più…".<br />

Bastiano guardò un istante accorato la morta, poi si avvicinò d’impeto al capezzale e, allungando la<br />

mano, con un gesto rabbioso, strappò l’immagine inchiodata sul muro.<br />

Tutti balzarono in piedi esterrefatti.<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (19 di 114) [03/09/2002 19.26.01]

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