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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
ascoltando in un dormiveglia ansioso le musiche dei grilli e dei rospi che venivano dalla campagna, e<br />
parevano una voce nuova che rivelasse improvvisamente le cose per comunicare coi misteri notturni e<br />
parlare con le lucenti geometrie delle stelle. Qualche volta, destata da uno scricchiolio più vicino,<br />
alzava la testa e guardava nella stanza con gli occhi sbarrati: i mobili che vedeva confusamente<br />
nell’ombra prendevano l’aspetto di cose animate che stessero anch’esse rannicchiate ad ascoltare la<br />
voce del morto. Sembravano vecchie ombre famigliari quivi convenute per una veglia funebre.<br />
Ma dopo le prime paure, a poco a poco Lisabetta si era abituata alla creduta presenza del morto nella<br />
sua casa. In preda a una specie di lucida follia la giovane vedova viveva con lui in una soggezione<br />
macabra e commovente. Le era venuta una specie di mania religiosa, come se dovesse prepararsi<br />
anche lei a morire in un tempo breve. Stava delle mezze giornate in chiesa, assisteva a tutte le<br />
commemorazioni e alle messe dei defunti, faceva spesso la comunione e distribuiva delle elemosine<br />
con una allarmante prodigalità. In campagna non andava quasi più, e il telaio la stancava; girava<br />
invece tutto il giorno per casa come una lunatica, parlando da sola, e ripetendo sempre le stesse cose a<br />
guisa dei pazzi.<br />
I suoceri, vedendola languire di giorno in giorno, pallida, nervosa, con gli occhi febbricitanti e<br />
spaventati, la sottoposero a certi strani esorcismi contro il malocchio. Poi pensarono che quel<br />
malessere fosse effetto della prolungata vedovanza. Nelle persone in cui il lavoro e il naturale ritegno<br />
dell’ambiente distolgono i pensieri dai bisogni sessuali, questi si manifestano con effetti fisiologici<br />
come negli animali e nelle piante.<br />
"È giovane, è sana" diceva il vecchio suocero, "deve rimaritarsi, non bisogna farla soffrire".<br />
Valendosi perciò della inflessibile autorità paterna l’aveva senz’altro fidanzata col cugino di San<br />
Luca.<br />
Ma la povera Lisabetta era diventa un’ombra: il volto disfatto, gli occhi stanchi e stralunati fissavano<br />
nel vuoto come quelli degli alienati. In autunno ebbe una specie di raffreddore con febbri, e quando si<br />
alzò dal letto le rimase una tosserella secca, insistente, che non la lasciava tranquilla un minuto.<br />
Aveva perduto interamente l’appetito e girava per la casa come una lunatica, tossicchiando e recitando<br />
continuamente preghiere per i morti. In quaresima intensificò le pratiche religiose; poi si mise a fare<br />
delle stranezze. Cantava ad alta voce in casa delle poesie amorose, e ciò nelle ore notturne; indossava<br />
gli abiti da sposa e si sedeva vicino al letto, davanti alla immagine della Madonna di Seminara,<br />
fissandola intensamente e parlandole come ad una persona viva. Fu chiamato il medico che la trovò<br />
debolissima e le ordinò delle medicine ricostituenti.<br />
Tutto fu inutile: in aprile la vedova prese letto e non si rialzò più. Erano cominciati abbondanti gli<br />
sputi sanguigni, e il disordine del cervello ora si manifestava con una specie d’idea fissa.<br />
"Mio marito è con me" diceva la malata, "mi parla da dietro l’immagine della Madonna e mi vuole<br />
con lui".<br />
A quell’immagine guardavano ora tutti in casa con un misterioso terrore come a un idolo implacabile,<br />
e, quando la sera il ticchettio della raganella di San Pasquale si faceva udire nella stanza, tutti<br />
s’inginocchiavano esterrefatti e pregavano per la pace del morto, nella cui presenza ora credevano tutti<br />
fermamente, come in una verità di fede.<br />
Col declinare dell’aprile la malata peggiorò, tanto che il suocero mandò un’ambasciata al cugino di<br />
San Luca in montagna perché scendesse a vederla per l’ultima volta.<br />
Quello venne giù per il calendimaggio, e, sebbene la sapesse moribonda, volle portare alla fidanzata,<br />
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