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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

un automobile. E insieme avrebbero preso il volo.<br />

Il barone di Capo Passero era contento come un generale che ha vinto una difficile battaglia. Sono a<br />

posto, - mi disse confidandomi la cosa – trentamila lirette e una donna ancora ben conservata, di<br />

aspetto distinto e di buona famiglia.<br />

Egli era felice. Quello che cominciava a non essere più tranquillo ero io; quel progetto di fuga,<br />

combinato nella mia casa, con la mia acquiescenza se non addirittura con la mia complicità, l’inganno<br />

teso a quella povera zitellona di quarant’anni che smaniava davanti al falso barone, all’ex capitano,<br />

all’eroe di diciassette duelli, mi mettevano addosso un malessere insopportabile. Era una canagliata<br />

che avrebbe avuto conseguenze disastrose per quella povera donna.<br />

Immaginavo, con una strana inquietudine, la scena della fuga, il risveglio doloroso, la disperazione<br />

della vecchia madre, la fumatrice di sigari Virginia e mi pareva di essere un pochino responsabile<br />

anche io, come chi prenda parte ad un furto. La signorina, nell’attesa del giorno stabilito della fuga, si<br />

affacciava al balcone spaventata, guardava con occhi inquieti la mia finestra, spiava la via e mi dava<br />

l’impressione che preparasse le sue cose, e si sforzasse a lasciare un’atmosfera di conforto per la sua<br />

vecchia mamma.<br />

Per due giorni durai una fatica enorme a combattere contro il desiderio di impedire in qualche modo<br />

quella fuga. Era una specie di sofferenza fisica la mia, quella sofferenza che si impossessa dei timidi<br />

quando, anche involontariamente, partecipano ad una cattiva azione.<br />

Al terzo giorno finalmente deliberai di parlare e di servirmi perciò dello stesso mezzo di cui si era<br />

servito il barone di Capo Passero. Presi alcuni fogli di protocollo vi scrissi sopra col pennello quello<br />

che desideravo dire e poi attesi che la signorina si facesse vedere nella sua camera.<br />

Verso le quattro difatti la signorina apparve sul balcone, io mi allontanai due passi dalla mia finestra e<br />

le feci segno che desideravo comunicarle qualche cosa.<br />

La poverina, che non si aspettava da me un gesto simile, si ritrasse spaurita in mezzo alla stanza,<br />

spalancando i suoi occhi ansiosi. Io presi i fogli ad uno ad uno e li allargai davanti a lei perché<br />

leggesse. Sui fogli avevo scritto: "Signorina, non fugga col barone di Capo Passero. Egli non è barone,<br />

non è ex capitano, è uno spostato che tira il colpo alle sue trentamila lire".<br />

La signorina lesse pallidissima, e portandosi le mani al viso, con un gesto adunco come per ferirsi, si<br />

curvò su se stessa, affranta inebetita. Poi improvvisamente si rizzò con un gesto rabbioso mi fece<br />

cenno d’attendere e scomparve.<br />

Dopo qualche minuto ritornò e, postasi in mezzo alla stanza con un gran foglio di carta nelle mani me<br />

lo spiegò davanti. Sul foglio era scritto: "Io le trentamila lire manco le tengo".<br />

Quando s’accorse che avevo letto, abbatuffolò con furore la carta chiuse violentemente la finestra e<br />

sul balcone non si fece più vedere.<br />

Io rimasi di stucco, credevo che il Barone di Capo Passero avesse ordito un inganno ad una povera<br />

signorina di buona famiglia, mentre l’inganno più caratteristico lo aveva tentato proprio lei.<br />

Mi ricordai allora di quel che dice delle donne il Maupassant: "In amore noi siamo sempre apprendisti<br />

e le donne consumati commercianti".<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (95 di 114) [03/09/2002 19.26.02]

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