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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

"In nome di Dio, amen – disse il giorno dopo segnandosi; giacché questo è il mio destino, bisogna<br />

ubbidire".<br />

Scese dal letto che il sole era alto, chiuse l’uscio a chiave e si mise in cammino verso la campagna. In<br />

campagna c’è meno gente ed egli voleva abituarsi, fare – come si dice – la faccia alla sua nuova<br />

condizione di mendicante. Silenzioso, col passo incerto, il viso proteso, una mano che annaspava ad<br />

ogni rumore, e l’altra che impugnava il bastone, si mise a camminare diritto, senza una meta precisa,<br />

come se partisse per una avventura. Era la prima volta che si spingeva fuori dal paese da quando era<br />

diventato cieco, e non sapeva se e come sarebbe riuscito ad orientarsi. Procedette così per una<br />

mezz’ora, tenendosi ai margini della strada e tendendo l’orecchio alle voci intorno. Udiva gli strilli<br />

delle donne che chiamavano i bambini, lo starnazzare delle galline, il grugnito di qualche maiale; e<br />

poi a poco a poco si accorse ch’era fuori dall’abitato, in aperta campagna.<br />

Era primavera e l’aria scorreva intorno tiepida e soave, impregnata dell’odore delle acacie dei<br />

sambuchi. Un fruscio immenso e carezzevole si levava dalla campagna.<br />

"Dove sono?… si chiese Rafele ascoltando quel coro che lo circondava come la musica interminabile<br />

di una danza. Improvvisamente si sentì invaso da una specie di ebbrezza mista allo stupore; si era<br />

perfettamente orientato: era ad una decina di passi dalla fabbrica di mattoni Pulicanò.<br />

A duecento passi da lì c’era un mulino, e poi una cava di sabbia. Tutta la campagna intorno si<br />

disegnava nella sua mente, nitida, precisa come un obiettivo fotografico. Avrebbe potuto indicare tutto<br />

intorno i cespugli, gli alberi ai margini della strada, i paracarri, i mucchi di breccio; le betulle che<br />

tremolavano nel sole coi tronchi bianchi; e oltre la siepe le file dei gelsi, gli orti, i fossati, i campi<br />

gialli di ravizzone, le antenne geometriche della luce elettrica. E tutto nella sua mente era immerso in<br />

quell’aria riposante e nativa che dà il verde con tutte le sue varietà e le sue sfumature. Gli veniva da<br />

piangere per la gioia. I suoi occhi non gli servivano più, ma la sua memoria visiva gli rappresentava il<br />

mondo come se lo vedesse.<br />

Pure ancora non aveva affrontati gli uomini. Quale accoglienza riservavano gli uomini al povero<br />

Mangia e Passa? Quel pensiero lo sgomentava.<br />

Fece ancora qualche centinaio di passi e finalmente udì venire da lì vicino scoccodare di galline. Nello<br />

stesso tempo ebbe la sensazione che alla sua destra vi era un vano nella siepe che circondava la<br />

campagna. Allungò il bastone: e si accorse che il vano c’era. Avanzò di qualche passo dopo avere<br />

varcato il vano, verso un’aia, e dopo un minuto di esitazione alzò la voce: "O buona gente, il povero<br />

cieco…". La sua voce lo sbigottì. Era la prima volta che chiedeva l’elemosina, ed ebbe l’impressione<br />

che sulla sua testa dovesse scoppiare un tuono. Rispose invece una voce giovanile di donna: "Venite<br />

poveretto, venite avanti".<br />

E come Rafele era rimasto incerto per qualche istante in mezzo all’aia, udì uno schioccare rapido di<br />

donna che gli andava incontro. Una mano ruvida ma fresca prese la sua mano "Venite avanti, sedete<br />

qui, davanti all’uscio. Dietro di voi c’è un ceppo". "Iddio vi benedica, signora – disse Rafele, mentre<br />

allungava la mano per trovare il ceppo".<br />

"Non sono una signora, ma una ragazza – disse ridendo la donna; sto cucinando per i miei che<br />

lavorano nella vigna. Attendete, fra un po’ vi porterò un bel piatto di fave fresche cotte col lardo".<br />

Rafele rimase immobile sul ceppo in mezzo al brulichio dell’aia. Era sbalordito.<br />

Ecco come cominciava la sua esperienza di mendicante! Si era immaginata una cosa triste e umiliante;<br />

invece le veniva incontro un fresco riso di fanciulla e un’accoglienza festosa. La ragazza non l’aveva<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (50 di 114) [03/09/2002 19.26.02]

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