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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
ESCI, SOLE, A RISCA LDARCI<br />
Nei paesi di campagna, dove tutto si accorda al ritmo casalingo della vita rurale, anche le creature più<br />
libere ed indocili, come gli uccelli e i ragazzi, pare che diventino abitudinarie.<br />
Anche per esse, come per gli uomini l’avventura quotidiana si riduce di proporzioni e perde il sapore<br />
dell’imprevisto.<br />
I passeri del villaggio, che scendono sulla strada o sui davanzali in cerca di briciole, sempre gli stessi<br />
e alla stessa ora, come piccoli frati minori alla cerca; le rondini sul campanile o sulla tesa di fili<br />
telegrafici, che si spollinano in fila pispigliando, come comari pettegole; i ragazzi che si radunano<br />
sempre allo stesso luogo, per organizzare le loro razzie negli orti periferici: tutta questa minuscola<br />
popolazione alata – perché i ragazzi, a loro modo, hanno anch’essi le ali – dà l’impressione che,<br />
vivendo accanto a quel microcosmo più vicino alla Provvidenza e più lontano all’intelligenza<br />
cittadina, ne acquisti le abitudini e i gusti, e ne riproduca i tipi.<br />
Quasi direste che anche fra i passeri vi sia Rocco l’accattone e Pasquale il sacrestano, e tra le rondini<br />
Nannetta la vedova, che cerca marito, e Rosina del macellaio, che si trascina dietro uno stormo di<br />
mosconi.<br />
Nel mio paese, per esempio, i passeri, le rondini e i ragazzi hanno, da tempo immemorabile, un luogo<br />
di raduno fisso.<br />
Per i passeri è un maestoso ulivo in fondo, tra le case e la campagna, lungo la strada carrozzabile. È<br />
un albero gigante, alto quanto un campanile, dal fogliame cupo e lucente come il bronzo lavato. In<br />
paese lo chiamano "l’ulivo del vescovo", perché il terreno su cui sorge appartiene alla mensa<br />
vescovile.<br />
Su quell’ulivo, quando il sole tramonta e nell’aria pare che ogni voce lasci una scia come una stella<br />
cadente, reduci dai campi d’orzo e di grano, che hanno saccheggiato tutto il giorno, migliaia di passeri<br />
si addensano fra i rami.<br />
Il loro cicaleccio, che dura fino al crepuscolo, è così frenetico e melodioso che a me, tutte le volte che<br />
l’odo, fa pensare a una cosa strana. Mi pare che l’ulivo si sia trasformato in un gigantesco sacco di<br />
seta, e che in esso un numero incalcolabile di mani mestino e rimestino miriadi di anelli nuziali.<br />
Le rondini, invece, tengono concilio sopra la tesa dei fili telegrafici che sta davanti al Municipio. Con<br />
le testoline brune e gli sparati bianchi rivolti al sole nascente, emettono un pispolio così minuto e<br />
indaffarato, che le direste uno stuolo di monacelle intente a sferruzzare intorno alla calza. Ma quelli<br />
che sono l’anima del villaggio sono i ragazzi.<br />
Per essere in carattere con gli uccelli, hanno scelto anch’essi un luogo aereo per i loro convegni. È un<br />
sasso enorme a forma di un immenso cocomero interrato alla base, alto come una casa, che sorge<br />
accanto alla chiesetta protopapale, nel bel mezzo di una delle vie di accesso al paese.<br />
È di granito durissimo, liscio, screziato come l’uovo di un gigantesco uccello, e poiché si trova in quel<br />
posto da chi sa quante migliaia di anni, è considerato come una specie di nume tutelare. La chiamano<br />
la "Pietra di Febo".<br />
Sulla sua piattaforma si danno convegno i ragazzi poveri, quelli che vivono non si sa di che, come gli<br />
uccelli dell’aria.<br />
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