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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />
Sono molto malata, sorella, ho avuto la febbre tutta la notte e forse l’ho ancora. Ma non mi sento<br />
abbattuta. Ho anche un po’ di danaro e per adesso non ho bisogno di niente. Quello che mi spaventa è<br />
la solitudine, l’idea di non potermi più alzare e di rimanere qui abbandonata senza vedere nessuno.<br />
Qui vicino a me non c’è che povera gente, sempre via di casa. Venite a vedermi, sorella, qualche<br />
volta, e portatemi un giornale. Io ho bisogno di leggere quello che succede in città, altrimenti muoio. –<br />
E sorrideva con una smorfia graziosa, come se avesse detto una birichinata.<br />
- Quanto tempo è che siete malata? – le chiesi.<br />
- È più di un anno, ma non mi sono mai curata. Ho continuato a star fuori, a fumare, a divertirmi, e<br />
capirete, così la vita se ne va. Del resto io sono già rassegnata, sorella, quasi contenta. La mia era una<br />
via senza uscita; è meglio che muoia presto.<br />
E sorrideva senza malinconia, come se parlasse, non della morte, ma di un sonno, di un sonno dolce e<br />
stanco dopo una festa.<br />
Quel giorno la lasciai subito, promettendole di ritornarci. Difatti mi recai da lei tutte le settimane e per<br />
qualche tempo la trovai ancora in casa. Stava meglio, non aveva più la febbre e cominciava anche a<br />
fare qualche passeggiatina. La disgraziata si divertiva anche!<br />
Ah, Signore, perché avete dato tanto potere di seduzione al peccato?<br />
Verso i primi di dicembre non la trovai più in casa e sospesi le mie visite, ma non potevo ricordarla<br />
senza una irragionevole passione. Mi sembrava di pensare ad una mia sorella, ma che!… Basta… Non<br />
riesco ad esprimermi…<br />
Ieri mattina non so per quale misteriosa ispirazione, mi venne un acuto desiderio di rivederla, e salii<br />
alla sua soffitta.<br />
La ritrovai in casa, difatti, ma ahimè! in quali condizioni! Non era che un’ombra tutta occhi e capelli.<br />
Quando entrai nella sua stanzetta, questa era piena di un fumo acre e bianco: la povera figliuola aveva<br />
esaurite tutte le sue risorse, impegnato o venduto tutto quanto aveva in casa, e solo si era tenuta la<br />
pelliccia, perché, essendo senza fuoco, le serviva per scaldarsi.<br />
Difatti la trovai con la pelliccia addosso davanti al caminetto.<br />
Non aveva, in casa che una scopa e per vedere un po’ di fiamma, le aveva dato fuoco. La saggina<br />
umida e sudicia, dopo una piccola vampata, bruciava lentamente, esalando un fumo spesso e fioccoso<br />
come lana, che un po’ prendeva la via del camino, un po’ si spandeva nella stanza. Lei stava<br />
raggomitolata in terra, avvolta nella pelliccia, con le mani tese verso quel misero fuoco, e tossiva<br />
penosamente come un piccolo cane malato.<br />
Quando mi vide entrare, mi tese le braccia con un lampo di quel suo bel sorriso di una volta.<br />
- Il Signore vi ha mandata, sorella – mi disse. – È giunta l’ora. Forse oggi morirò. Giacché ho finito<br />
tutto me ne vado anche io: me ne vado in tempo per non soffrire.<br />
La vista di quella scopa che bruciava affumicando la stanza, mi diede un orribile spasimo al cuore.<br />
- Dio mio… Dio mio – le dissi – perché non mi avete mandata a chiamare prima? Io non sapevo…<br />
La feci sdraiare sul letto, ed essa, raggomitolata nella pelliccia, trasalendo di quando in quando, mi<br />
narrò come aveva dato fondo a tutto quello che aveva: oro, gioielli, vestiti e perfino certi pastelli dei<br />
suoi amici pittori che l’avevano ritratta quando era sana.<br />
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