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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

Poiché sui fianchi della botte vi era una spina, la vecchia donna la staccò e con sua grande meraviglia<br />

dal buco di quella spina zampillò un vino rosso come sangue. Lo gustò ed esso era eccellente, il<br />

miglior vino che mai avesse bevuto in vita sua. Per quel giorno ne spillò una damigiana, poi richiuse<br />

la spina, e chiamò alcuni poveri perché ne bevessero.<br />

Tutti rimasero meravigliati per la bontà di quel liquore.<br />

Bevuta quella damigiana, ne spillò un’altra, e poi ancora un’altra, e seguitò a spillare e a distribuire<br />

senza risparmio ai poveri, agli amici, ai passeggeri; la botte restava sempre piena, e il vino zampillava<br />

inesauribile come l’acqua da una fonte viva.<br />

La povera donna non sapeva come spiegare questo fenomeno e le doleva il cuore di non poter<br />

rimuovere più la botte e rivedere il volto del suo figliolo. Finalmente un giorno chiamò un bottaio e<br />

gli disse:<br />

- Da oltre un anno io spillo vino da questa vecchia botte, ed essa è sempre piena; volete levarmi il<br />

coperchio e vedere quanto vino ancora contiene?<br />

Il bottaio si mise all’opera, e quando ebbe levato il coperchio, uno spettacolo meraviglioso si presentò<br />

ai suoi occhi e a quelli della vecchia madre. In fondo alla botte era disteso, ancora fresco e intatto<br />

come se dormisse, il corpo di Nino Martino; da una delle sue ferite vicino al cuore era nata una pianta<br />

di vite, che, sebbene al buio, era mirabilmente cresciuta, e portata, e portava sui tralci una miriadi di<br />

grappoli sempre maturi. Questi grappoli, che si rinnovavano incessantemente, a mano a mano che la<br />

vecchia spillava, si convertivano in vino, e il cuore di Nino alimentava col suo sangue la pianta<br />

miracolosa.<br />

NOTTE IN ALTA MONTAGNA<br />

Si era progettato, un mio amico valdostano ed io, di fare una cima a tremila entro agosto. Questo<br />

normalmente è il mese in cui il tempo è più costante e noi, tutte le mattine, spiavamo la conca su cui si<br />

ergeva la piramide che avevamo deciso di scalare osservavamo la densità, il corso dei vapori e la<br />

direzione del vento, ma la giornata veramente bella, limpida e con promessa di durata tardava a<br />

venire.<br />

Difficilmente, anche nella più serena estate, le alte cime rimangono tutto il giorno sgombre. Verso il<br />

pomeriggio, per un fenomeno naturale a certe altezze, si formava attorno alla nostra piramide una<br />

fascia di vapori chiari, soffici come fiocchi di lana. Erravano, si piegavano, si deformavano, parevamo<br />

dileguare: poi improvvisamente risalivano dalla valle, riabbracciavano i contrafforti della montagna,<br />

la velavano tutta come spiriti gelosi della loro solitudine.<br />

Il mio amico esitava anche perché nella escursione non saremmo stati soli: avremmo avute con noi<br />

due donne: la sua signora ed una signorina che avevamo conosciuta da poco in quella stazione<br />

climatica.<br />

L’escursione doveva essere compiuta in due tappe. Il primo giorno, partendo all’alba, saremmo giunti<br />

ai piedi della piramide, dove avremmo pernottato in una baita di mandriani. All’indomani, freschi di<br />

forze e col tempo propizio, che avremmo potuto esaminare da vicino, avremmo tentata la scalata, che<br />

si prevedeva circa tre ore.<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (85 di 114) [03/09/2002 19.26.02]

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